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dell'impero romano cap. xxxiii. 361

cio, come una moneta corrente dell’Impero; e Jamblico, sul dubbio che avesse trovato un tesoro nascosto, fu condotto avanti al Giudice. Le vicendevoli loro interrogazioni produssero la maravigliosa scoperta, che erano quasi passati due secoli, da che Jamblico ed i suoi compagni si erano sottratti al furore d’un Tiranno pagano. Il Vescovo d’Efeso, il Clero, i Magistrati, il Popolo, e, per quanto si dice, l’istesso Imperator Teodosio corsero a veder la caverna de’ sette Dormienti, i quali riferirono la loro Istoria, diedero ad essi la loro benedizione, e nel medesimo istante tranquillamente spirarono. Non si può attribuir l’origine di questa maravigliosa favola alla pia frode e credulità de’ Greci moderni, poichè se ne può rintracciare l’autentica tradizione circa mezzo secolo in vicinanza del supposto miracolo. Jacopo di Sarug, Vescovo Siriaco, il quale era nato solo due anni dopo la morte di Teodosio il Giovane, ha consacrato una delle sue dugento trenta omilie alle lodi de’ Giovani d’Efeso1. Avanti la fine del sesto secolo la loro leggenda fu dalla lingua Siriaca tradotta nella Latina per opera di Gregorio di Tours. Le Congregazioni Orientali, fra loro nemiche, venerano con ugual riverenza la lor memoria; e sono inseriti onorevolmente i lor nomi

  1. Jacopo, uno de’ Padri ortodossi della Chiesa Siriaca, era nato l’anno 452, principiò a comporre i suoi discorsi l’anno 474, fu fatto vescovo di Barne nel distretto di Sarug e nella Provincia della Mesopotamia l’anno 519 e morì l’anno 521 (Assemanni Tom. 1. p. 268, 289). Quanto all’omilia de pueris Ephesinis, vedi p. 335, 339; sebbene avrei desiderato, che l’Assemanni avesse piuttosto tradotto il testo di Jacopo di Sarug, invece di rispondere alle obiezioni del Baronio.