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dell'impero romano cap. xxix. 19

come par che Claudiano siasi servito del più ampio privilegio di poeta e di cortigiano, bisognerà usar della critica per convenire il linguaggio della finzione o dell’esagerazione nella verità e semplicità d’un’istorica prosa. Il silenzio di esso intorno alla famiglia di Stilicone può ammettersi come una prova, che il suo Signore non era capace, nè bramoso di vantare una lunga serie d’illustri antenati; e la passeggiera menzione, che fa di suo padre, uffiziale di cavalleria barbara al servizio di Valente, sembra sostener l’asserzione, che quel Generale, il quale per tanto tempo comandò gli eserciti di Roma, era disceso dalla selvaggia e perfida stirpe de’ Vandali1. Se Stilicone non avesse goduto gli esterni vantaggi della forza e della statura, il più adulante poeta non si sarebbe arrischiato d’asserire alla presenza di tante migliaia di spettatori, ch’ei sorpassava la misura de’ Semidei dell’Antichità, e che dovunque andava con maestosi passi per le strade della Capitale, l’attonita moltitudine faceva luogo allo straniero, che in una condizione privata spiegava la reverenda maestà d’un Eroe. Fin dalla prima sua gioventù si diede alla professione delle armi; la sua prudenza e valore si fece tosto distinguere in campo; i cavalieri e gli arcieri orientali ne ammirarono la superiore destrezza; ed in ogni promozione, che si fece di lui ai gradi militari, sempre il pubblico giudizio prevenne ed approvò la scelta del Sovrano. Fu nominato da Teodosio per andare a ratificare un solenne trattato col Monarca della Persia; sostenne in quel-

  1. Vandalorum, imbellis, avarae, perfidae, et dolosae gentis genere editus: Orosio l. VII. c. 38. Girolamo (Tom. I. ad Geront. p. 93) lo chiama un Semi-barbaro.