Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/227


dell’impero romano cap. xxxi. 221

[A. 420] La rovina delle opulenti Province della Gallia può prender l’epoca dallo stabilimento di questi Barbari, l’alleanza de’ quali era pericolosa ed oppressiva, mentre venivano capricciosamente spinti dall’interesse o dalla passione a violare la pubblica pace. Fu imposto un grave e parzial tributo a’ Provinciali, sopravvissuti alle calamità della guerra; le più belle e fertili terre furono assegnate ai rapaci stranieri per uso delle loro famiglie, de’ loro schiavi e del loro bestiame; ed i nativi tremanti abbandonarono sospirando l’eredità dei loro maggiori. Tali domestiche disgrazie però, che rare volte affliggono un Popolo soggiogato, si erano provate ed inflitte da’ Romani medesimi non solo nell’insolenza delle straniere conquiste, ma anche nel furore delle discordie civili. I Triumviri proscrissero diciotto delle più floride colonie d’Italia, e distribuirono le loro terre e case a’ veterani, che vendicarono la morte di Cesare, ed oppressero la libertà della patria. Due Poeti di non ugual fama in simili circostanze hanno deplorato la perdita del loro patrimonio: ma sembra, che i legionari d’Augusto sorpassassero in violenza ed ingiustizia i Barbari, che invasero la Gallia sotto il regno d’Onorio. Non fu senza la massima difficoltà, che Virgilio evitò la spada del Centurione, che aveva usurpato le sue possessioni nelle vicinanze di Mantova1, ma Paolino di Bordò ricevè una som-

    Francorum (nel T. II p. 543) suggerisce con sufficiente probabilità, che fu raccomandata a’ Franchi la scelta di Faramondo, o almeno d’un Re, da Marcomiro di lui padre che era esule nella Toscana.

  1. O Lycida, vivi pervenimus: advena nostri
    (Quod numquam veriti sumus) ut possessor agelis
    Diceret: Haec mea sunt; veteres migrate coloni
    Nunc victi tristes etc.