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dell'impero romano cap. xxix. 11

incapaci di godere alcun impiego d'onore o vantaggio sotto il governo Imperiale1. I più rei fatti però non impedivano al nuovo Prefetto dell'Oriente (poichè Ruffino immediatamente successe agli onori vacanti del suo avversario) di eseguire quei religiosi doveri, che in quel tempo si risguardavano come più essenziali per la salute. Aveva fabbricato nel sobborgo di Calcedonia, chiamato la Quercia, una magnifica villa, alla quale aveva devotamente aggiunto una splendida Chiesa consacrata agli Apostoli S. Pietro e S. Paolo, e continuamente santificata dalle preghiere e dalla penitenza di una regolare società di Monaci. Si convocò un numeroso e quasi general concilio dei Vescovi dell'Impero Orientale per celebrare nel medesimo tempo la dedicazion della Chiesa ed il Battesimo del Fondatore. Si fece questa doppia ceremonia con pompa straordinaria; e quando Ruffino fu purgato nel sacro fonte da tutte le colpe, che aveva fin allora commesse, un venerabil eremita dell'Egitto imprudentemente si presentò per mallevadore di un altiero ed ambizioso politico2.

  1. Quest'odiosa legge vien riferita e confermata da Arcadio (an. 396) nel codice Teodosiano lib. IX. Tit. XXXVIII. leg. 9. Il senso della medesima come viene spiegato da Claudiano (in Ruffin. I. 234) e dal Gotofredo (Tom. III p. 279), è perfettamente chiaro.

    . . . . . . . . Exscindere cives
    Funditus, et nomen gentis delere laborat.

    Gli scrupoli del Pagi e del Tillemont non posson nascere che dal loro zelo per la gloria di Teodosio.

  2. Amonius . . . Ruffinum propriis manibus suscepit sacro fonte mundatum. Vedi Rosweyde Vit. Patrum p. 947. Sozomeno (l. VIII c. 17) fa menzione della Chiesa e del Monastero, ed il Tillemont (Mem. Eccl. Tom. IX. p. 593) rammenta questo sinodo, in cui S. Gregorio Nisseno fece una cospicua figura.