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dell’impero romano cap. xxxi. 145

mesi dell’anno distribuivasi ai cittadini più poveri una regolar quantità di lardo; e l’annuo consumo della Capitale, in un tempo in cui era molto decaduta dall’antico suo lustro, fu determinato in un editto di Valentiniano III a tre milioni seicento ventottomila libbre1. III. Secondo i costumi degli antichi era indispensabile l’uso dell’olio, pei lumi ugualmente che pei bagni, e l’annua tassa, imposta sull’Affrica pel bisogno di Roma, ascendeva al peso di tre milioni di libbre, vale a dire alla misura forse di trecentomila galloni inglesi. IV. L’ansietà ch’ebbe Augusto di provveder la Metropoli di una sufficiente abbondanza di grano, non si estese al di là di questo necessario articolo dell’umana sussistenza; e quando il clamor popolare accusava il caro prezzo e la scarsezza del vino, il grave riformatore promulgò un editto, in cui rammentava ai suoi sudditi, che nessuno aveva ragione di dolersi della sete, mentre gli acquedotti d’Agrippa avevano introdotto nella città tante copiose fonti di acqua pura e salubre2. Si rilassò appoco appoco questa rigida sobrietà; e quantunque non sembri, che si eseguisse in tutta la sua estensione il generoso disegno di Aureliano3, si concedeva l’uso del vino a

  1. Vedi Novell. ad calcem Cod. Theod. D. Valent. l. I. Tit. XV. Questa legge fu pubblicata in Roma il 20. Giugno 452.
  2. Sueton., in August. c. 42. Il più grand’eccesso dell’Imperatore medesimo, nel suo favorito vino della Rezia, non eccedè mai un Sestario, cioè una pinta Inglese, id. c. 77. Torrent., Ib. e Tavol. d’Arbuthnot p. 86.
  3. Il suo disegno era di piantar vigne lungo le coste marittime dell’Etruria; Vopisc., in Hist. August. p. 225. cioè