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dell'impero romano cap. xxviii. 371

gliere o distrugger gl’istromenti d’idolatria, d’abolire i privilegi dei Sacerdoti, e di confiscare i patrimoni sacri a benefizio dell’Imperatore, della Chiesa o dell’esercito1. Qui avrebbe potuto aver termine la desolazione, ed i nudi edifizi, che non erano più impiegati al servizio dell’idolatria, si sarebber potuti difendere dalla distruttiva rabbia del fanatismo. Molti di quei tempj erano i più belli e splendidi monumenti della Greca Architettura; e l’Imperatore medesimo avea interesse di non oscurar lo splendore delle sue città, nè diminuire il valore dei suoi propri beni. Si potea permettere che sussistessero quei magnifici edifizi, come tanti durevoli trofei della vittoria di Cristo. Nella decadenza, in cui si trovavan le arti, si potevano utilmente convertire in magazzini, in luoghi di manifatture o di pubbliche adunanze, e forse anche, qualora si fossero coi sacri riti sufficientemente purificate le mura dei tempj, si poteva concedere che il culto del vero Dio espiasse l’antico delitto della idolatria. Ma finattantochè sussistevano, i Pagani nutrivano una forte e segreta speranza, che una felice rivoluzione, un secondo Giuliano potesse di nuovo ristabilire gli altari degli Dei; e l’ardore, col quale porgevano al trono le inefficaci loro preghiere2,

  1. Zosimo (l. IV. p. 245, 249. Teodoret. l. V. c. 2l. 1dazio in Chron. Prosper. Aquitan. l. III. c. 38 appresso il Baronio Annal Eccl. an. 389. n. 52. Libanio (pro Templis p. 10) si sforza di provare, che gli ordini di Teodosio non furono diretti e positivi.
  2. Cod. Teodos. l. XVI. Tit. X. leg. 8. 18. Vi è luogo di credere, che quel tempio d’Edessa, che Teodosio bramava di salvare per gli usi civili, divenisse poco tempo dopo un mucchio di sassi. Libanio pro Templis p. 26. 27 e not. del Gotofred. p. 59.