Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/249


dell'impero romano cap xlviii. 243

di Tessalonica a ricondurre all’obbedienza i Siciliani; e se quei ribelli che ripararono nell’isola di Cipro, si trovarono sicuri dai colpi dell’Imperatore, giovarono non poco colla loro distanza anche ad Andronico. Da un rivale senza merito, e da un popolo inerme fu egli rovesciato dal trono. Avea la prudenza o la superstizione d’Andronico pronunciata la sentenza di morte d’Isacco l’Angelo, che discendeva da Alessio il Grande dal lato di donne; fatto forte dalla disperazione, difese Isacco la propria libertà e la vita; dopo aver morto il carnefice, che veniva ad eseguire l’ordine del tiranno, si ricovrò nella chiesa di Santa Sofia. A poco a poco s’empiè il santuario d’una moltitudine curiosa ed afflitta, che nella sorte d’Isacco prevedeva quella della quale era essa minacciata. Ma dai gemiti passando bentosto alle imprecazioni, e dalle imprecazioni alle minacce, osarono dimandarsi a vicenda: „Perchè mai temiamo? perchè obbediamo? Noi siamo tanti, ed egli è solo; la nostra pazienza è ciò che ci tiene in ischiavitù.„ Allo spuntare del dì, tutta la città era in tumulto; si forzarono le prigioni; i meno ardenti cittadini, o i più servili, animaronsi alla difesa della patria, e Isacco, secondo di tal nome, fu dal santuario condotto al soglio. Andronico, ignaro del proprio pericolo, riposavasi allora delle cure dello Stato nelle isole deliziose della Propontide. Avea contratto un matrimonio poco decente con Alice o Agnese, figlia di Luigi VII, Re di Francia, e vedova dell’infelice Alessio; era la sua società, più conveniente a’ suoi gusti che a’ suoi anni, composta della giovine moglie, e di quelle concubine che gli erano più care. Al primo avviso della rivolta corse a Costantinopoli,