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dell'impero romano cap xlviii. 193

goglio del dispotismo, sopito finchè visse, si risvegliasse ne’ suoi ultimi giorni, quando omai perduta avea la speranza di vivere.

[A. D. 886] Dei quattro figli dell’Imperatore, uno morì prima di lui, e fu Costantino; in quell’occasione il suo dolore e la sua credulità si lasciarono illudere dalle adulazioni d’un impostore, e da un’apparizione immaginaria. Stefano il più giovane, stette contento degli onori di Patriarca e di Santo; Leone ed Alessandro ebbero entrambi la porpora; ma il solo primogenito tenne le redini del Governo. Leone VI conseguì il glorioso soprannome di filosofo; e senza dubbio l’accoppiare le qualità di principe e di saggio, le virtù operative e le speculative, giova molto a perfezionare l’umana natura; ma molto mancò a Leone per pretendere questa perfezione ideale. Di fatto seppe egli per avventura sottomettere le passioni e le brame sue all’impero della ragione? Passò la vita in mezzo alla pompa della Corte, e nel consorzio delle sue mogli e delle concubine; e non si può attribuire che alla dolcezza e indolenza del suo naturale la clemenza da lui dimostrata, e la pace che s’adoperò a mantenere. Chi oserebbe asserire ch’egli vincesse i proprii pregiudizi, e quelli dei sudditi? Dalla più puerile superstizione era ottenebrato il suo spirito; sanzionò colle leggi l’autorità del clero, e gli errori del popolo; e gli oracoli, con cui rivelò in uno stile profetico i destini dell’Impero, sono fondati su l’astrologia e la divinazione. Chi ben guardi l’origine di quel soprannome di filosofo, apparirà, che non fu tanto ignorante quanto la maggior parte de’ suoi contemporanei o appartenessero all’Ordine ecclesiastico,