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dell'impero romano cap. xxiv. 379

avesse fissato per confini della Persia l’Oronte, il Cidno, il Sangario, o anche il Bosforo Tracio, non sarebber mancati nella Corte di Gioviano gli adulatori per convincere quel timido Principe, che le sue rimanenti Province gli avrebbero tuttavia somministrato il modo d’ampiamente soddisfare la potenza ed il lusso1. Senza interamente ammettere questa maliziosa osservazione, dobbiam confessare però che la privata ambizion di Gioviano facilitò la conclusione d’un trattato così vergognoso. Un oscuro domestico, innalzato al trono dalla fortuna piuttosto che dal merito, era impaziente di sottrarsi dalle mani dei Persiani per poter prevenire i disegni di Procopio, che comandava l’esercito della Mesopotamia, e stabilire il dubbioso suo regno sulle Legioni e Province, che tuttavia ignoravano la precipitosa e tumultuaria elezione, fatta nel campo di là dal Tigri2. In vicinanza del medesimo fiume, ad una distanza non molto grande dalla fatale stazione di Dura3, i diecimila Greci restarono ab-

  1. Liban. Orat. parent. c. 143. p. 364, 365.
  2. Conditionibus . . . dispendiosis Romanae Reipublicae impositis . . . quibus cupidior regni quam gloriae Jovianus imperio rudis adquievit. Sest. Rufo de Prov. c. 29. La Bleterie ha esposto in una lunga orazione, fatta su tal proposito, questi speciosi riflessi di pubblico e di privato vantaggio: Hist. de Jovien Tom. I. p. 39 ec.
  3. I Generali furono uccisi alle rive dello Zabato (Anabasis l. III. p. 226) o del gran Zab, fiume d’Assiria largo 400 piedi, che si getta nel Tigri, quattordici ore di cammino sotto Mosul. L’errore de’ Greci attribuì al maggior ed al minor Zab i nomi del lupo (Lycus) e del capro (Capros). Essi adoperaron questi animali per corteggiare il Tigri dell’Oriente.