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dell'impero romano cap. xx 33

a stabilire la certezza de’ fatti1; in cambio di raccogliere e di citar la testimonianza di tante persone viventi, che dovettero essere spettatrici di tale stupendo miracolo2, Eusebio si contenta d’addurre una testimonianza molto singolare, cioè quella di Costantino già morto, il quale molti anni dopo quell’avvenimento, discorrendo famigliarmente con esso, gli aveva raccontato quest’accidente straordinario della sua vita, e con solenne giuramento ne aveva confermata la verità. La prudenza e la gratitudine del dotto Prelato non gli permisero di sospettare della veracità del suo vittorioso Signore; ma egli dà chiaramente a conoscere che, in un fatto di tal natura, non avrebbe prestato fede a qualunque altra minore autorità. Sì fatto motivo di credibilità non potea sopravvivere alla potenza della famiglia Flavia; ed il segno celeste che si poteva in seguito porre in ridicolo dagl’Infedeli3, fu trascurato da’ Cristiani del secolo che immediatamente seguì la conversione di Costantino4. Ma la Chiesa

  1. Sembra che la narrazione di Costantino indichi, ch’esso vide la croce nel cielo, avanti di passar le alpi contro Massenzio. La vanità Provinciale però ha fatto rappresentar questa scena a Treveri, a Besanzone ec. Vedi Tillemont Hist. des Emper. Tom. IV. p. 573.
  2. Il pio Tillemont (Mem. Eccles. Tom. VII. p. 1317) rigetta, sospirando gli utili Atti di Artemio, veterano e martire, che attesta come testimone di veduta la visione di Costantino.
  3. Gelas. Cizic. Act. Conc. Nicaen. l. I. c. 4.
  4. Gli avvocati della visione non possono addurre neppure una sola testimonianza tratta da’ Padri del quarto e del quinto secolo, che ne’ loro voluminosi scritti celebrano più volte il trionfo della croce e di Costantino. Siccome a questi venerabili uomini non sarebbe dispiaciuto un miracolo, noi