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dell'impero romano cap xvi. 63

secuzione, le porte della Chiesa erano assediate dalla moltitudine de’ penitenti, che detestavano la loro idolatrica sommissione, e che supplicavano con uguale ardore, ma con vario successo, di esser nuovamente ricevuti nella società de’ Cristiani1.

IV. Quantunque fossero stabilite varie regole generali per convincere e per punire i Cristiani, pure in un esteso ed arbitrario governo il destino di que’ settarj doveva sempre in gran parte dipendere dal lor portamento, dalle circostanze de’ tempi e dall’indole tanto del supremo, che de’ subalterni lor Giudici. Alle volte lo zelo potea provocare, e la prudenza mitigare o rimuovere il superstizioso furor de’ Pagani. Diversi motivi potevan disporre i Governatori delle Province a mantenere in vigore, o a rilassar l’esecuzione delle leggi, ed il più forte fra questi era il riguardo che avevano non solo pei pubblici editti, ma ancora per le segrete intenzioni dell’Imperatore, del quale uno sguardo era sufficiente ad accendere, o ad estinguere la persecuzione. Ogni volta che si esercitava qualche accidentale severità nelle diverse parti dell’Impero, i primitivi Cristiani si dolevano de’ lor patimenti, e forse gli ampliavano; ma il celebre numero di dieci persecuzioni fu determinato dagli scrittori Ecclesiastici del quinto secolo, che avevano una cognizione più distinta de’ casi prosperi ed avversi della Chiesa, dal tempo di Nerone fino a quello di Domiziano. Gl’ingegnosi pa-

  1. Fu in quest’occasione, che Cipriano scrisse il suo trattato de Lapsis, e molt’epistole. Fra’ Cristiani del secolo antecedente non si trova la controversia intorno al trattamento degli apostati penitenti. Dobbiamo noi attribuirlo alla superiorità della fede e coraggio di essi, od alla più scarsa cognizione, che abbiamo della loro Istoria?