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dell'impero romano cap xvi. 105

poi riconoscevano ancor essi la suprema giurisdizione de’ Metropolitani, o sommi Sacerdoti delle Province, che agivano come immediati Vicarj dell’Imperatore medesimo. Una veste bianca era l’insegna della lor dignità, e questi nuovi Prelati furono diligentemente presi dalle più nobili ed opulente famiglie. Per le insinuazioni de’ Magistrati e dell’Ordine sacerdotale si fece un gran numero di ossequiose rappresentanze, particolarmente dalle città di Nicomedia, di Antiochia e di Tiro, che artificiosamente esponevano le ben note intenzioni della Corte, come i sentimenti generali del popolo; eccitavano l’Imperatore a consultar le leggi della giustizia piuttosto che i dettami della sua clemenza; esprimevano l’abborrimento che avevano a’ Cristiani, ed umilmente supplicavano, che quegli empi settarj fossero finalmente esclusi da’ limiti de’ lor territorj. Sussiste ancora la risposta di Massimino alla rappresentanza, ch’ei ricevè da’ cittadini di Tiro. Loda esso lo zelo e la devozion loro in termini della più alta soddisfazione; si diffonde sull’ostinata empietà de’ Cristiani; e mostra, mediante la facilità con cui consente alla lor espulsione, ch’egli credeva di ricevere piuttosto che di conferire una grazia. A’ Sacerdoti non meno che a’ Magistrati fu data l’autorità di procurare l’esecuzione de’ suoi editti, i quali sopra tavole di rame vennero incisi, e quantunque fosse ad essi raccomandato ch’evitassero di spargere il sangue, si fecero tuttavia soffrire ai non ubbidienti Cristiani i più crudeli ed ignominiosi gastighinota. 1

  1. Vedi Eusebio l. VIII. c. 14. l. IX. c. 2-8. e Lattanzio de M. P. c. 36. Questi scrittori convengono in descrivere gli artifizi di Massimino; ma il primo riferisce l’esecuzione di varj Martiri, mentre l’altro afferma espressamente che occidi servos Dei vetuit.