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dell'impero romano cap. xv. 287

per servigio della religione, la Chiesa Cristiana fin dal tempo degli Apostoli e de’ primi loro discepoli1 si è arrogata una successione non interrotta di facoltà miracolose, come il dono delle lingue, delle visioni, e della profezia, il potere di scacciare i demonj, di sanare gli ammalati, e di risuscitare i morti. Si comunicava frequentemente a’ contemporanei d’Ireneo la cognizione delle lingue straniere, quantunque Ireneo medesimo dovesse contrastare colle difficoltà di un dialetto barbaro, quando predicava il Vangelo ai popoli della Gallia2. Si rappresenta l’inspirazion divina, o fosse questa comunicata per via di visione, in sogno o in vigilia, come un favore assai liberamente concesso ad ogni classe di fedeli, alle donne ugualmente che a’ vecchi, a’ fanciulli non meno che a’ Vescovi. Quando le devote lor menti eran preparate abbastanza da una quantità di preghiere, di digiuni, e di vigilie a ricever l’impulso straordinario, venivan trasportati fuor de’ lor sensi, ed, assorti in estasi, esponevano ciò ch’era loro inspirato, essendo puri organi dello Spirito Santo, appunto come lo è una canna o un flauto, rispetto a quello che vi soffia dentro3. Si può aggiungere che lo scopo di queste visioni era quello per la massima

  1. I sotterfugi del Dottor Middleton non possono servire a far perdere di vista i chiari vestigi delle visioni, e dell’inspirazione che si vedono appresso i Padri Apostolici.
  2. Il Dottor Middleton (Ricerca libera p. 96. ec.) osserva, ch’essendo tal pretensione più difficile di tutte le altre a sostenersi per mezzo dell’arte, fu la più pronta a cedere. L’osservazione s’accorda colla sua ipotesi.
  3. Atenagora in Legation. Giustino Mart. Cohort. ad gentes, Tertull. adversus Marcion. l. IV. Queste descrizioni non son molto dissimili da quel furore profetico, pel quale Cicerone (De Divinat. II. 54.) mostra così poco rispetto.