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dell'impero romano cap xiii. 137

ove trovò gli abitatori zelanti per la sua causa, ed il territorio favorevole alle operazioni dell’infanteria, ed altrettanto disadatto ai movimenti della cavalleria1. Avea l’avversità assodata la disciplina dei Romani, mentre che i Barbari, insuperbiti del buon successo, erano divenuti così trascurati e negligenti, che nel momento in cui meno se l’aspettavano, furono sorpresi dall’attiva condotta di Galerio, il quale accompagnato solamente da due uomini a cavallo, avea co’ suoi propri occhi segretamente esaminata la situazione e lo stato del loro campo. Una sorpresa, specialmente di notte, era il più delle volte fatale all’armata Persiana. "I loro cavalli erano legati, e generalmente impastoiati per prevenirne la fuga; e ad un assalto improvviso dovea ogni Persiano legar la gualdrappa, imbrigliare il cavallo, e vestir la corazza avanti che salir potesse a cavallo2." In quella occasione l’impetuoso assalto di Galerio sparse il disordine ed il terrore nel campo dei Barbari. Ad una piccola resistenza successe una spaventevole strage, e nella general confusione il ferito Monarca (perchè Narsete comandava l’armata in persona) fuggì verso i deserti della Media. Le sue magnifiche tende, e quelle dei suoi Satrapi diedero un immenso bottino al vincitore, e vien riferito un incidente, che prova la rozza, ma marziale ignoranza delle legioni riguardo alle eleganti superfluità della vita. Cadde nelle mani di un privato soldato una borsa di cuoio lucente, ripiena di perle. Egli conservò diligentemente

  1. Aurelio Vittore dice "Per Armeniam in hostes contendit, quae ferme sola, seu facilior vincendi via est". Egli seguitò la condotta di Traiano, e l’idea di Giulio Cesare.
  2. Senofonte, Anabasi, l. III. Per questa ragione la cavalleria Persiana si accampava a sessanta stadi dal nemico.