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dell'impero romano cap xiii. 133

gate a respingere l’invasione di Tiridate: ma il lor condottiere, dopo aver bilanciato i benefizi e le offese, che avea ricevuto dal Monarca Persiano, risolvè di abbandonare il partito. Il Principe Armeno, cui bene era noto il merito e la potenza di Mamgo, lo trattò con rispettosa distinzione; ed ammettendolo alla sua confidenza, acquistò un suddito coraggioso e fedele, che molto efficacemente contribuì a ristabilirlo sul trono1.

Si mostrò per un tempo propizia la fortuna dell’intraprendente valore di Tiridate. Egli non solo discacciò i nemici della sua famiglia o della sua patria da tutta l’estensione dell’Armenia, ma continuando la sua vendetta, portò le armi, o almeno le scorrerie, fino nel cuor dell’Assiria. Lo storico, che ha tolto il nome di Tiridate all’obblìo, celebra con un grado di nazionale entusiasmo il personal valore di lui; e col vero spirito di un oriental romanzista descrive i giganti e gli elefanti che caddero sotto l’invincibil suo braccio. Da altre informazioni rileviamo le divisioni della monarchia Persiana, alle quali il Re dell’Armenia fu in parte debitore dei suoi vantaggi. Era il trono disputato dall’ambizione di due rivali fratelli; ed Ormuz, dopo aver inutilmente impiegate le forze del suo partito, ricorse alla pericolosa assistenza dei Barbari, che abitavano lungo la spiaggia del Caspio2. Fu però la

  1. Vedi Stor. Armen. l. II. c. 81.
  2. Ipsos Persas ipsumque Regem, ascitis Saccis et Ruffis et Gellis, petit frater Ormies. Panegyr. Vet. III. I Saci erano una nazione di Sciti erranti, accampati verso la sorgente dell’Oxo e del Jaxarte. I Gelli erano gli abitatori del Ghilan lungo il mar Caspio, che sotto nome di Dilemiti, infestarono per tanto tempo la Monarchia Persiana. Vedi D’Herbelot, Bibliot. Orient.