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dell'impero romano cap. v. 159

del popolo, ed aveano il miglior diritto ad eleggere il Capo militare della repubblica. Quest’argomento, benchè mancante di ragione, divenne convincentissimo, quando i fieri pretoriani ne accrebbero il peso, gettando, come il barbaro conquistatore di Roma, le loro spade nella bilancia1.

I pretoriani che aveano violata la santità del trono con l’atroce assassinio di Pertinace, ne disonorarono la maestà con la loro susseguente condotta. Il campo era senza capo, essendosi il Prefetto Leto, autor della tempesta, prudentemente involato alla pubblica indignazione, in quel furioso tumulto. Sulpiciano, suocero dell’Imperatore e governatore della città, ch’era stato mandato al campo al primo rumore di ribellione, procurava di calmare la furia della moltitudine, quando gli fu imposto silenzio dal clamoroso ritorno degli assassini portanti in cima ad una lancia la testa di Pertinace. Benchè la storia ci avvezzi a vedere ogni principio ed ogni passione cedere ai dettami imperiosi della ambizione, ciò non ostante pare appena credibile, che in quei momenti di orrore dovesse Sulpiciano aspirare ad un trono macchiato di fresco dal sangue di un parente sì stretto, e di un Principe così eccellente. Aveva già egli principiato ad usare l’unico efficace argomento, a contrattar cioè la dignità imperiale; ma i più accorti tra i pretoriani temendo di non conseguire in questo privato contratto il giusto prezzo di sì valutabil merce, corsero su i terrapieni, e ad alta voce promulgarono, che il Mondo romano si sarebbe pubblicamente venduto al miglior compratore2.

  1. Nell’assedio di Roma fatto dai Galli. Vedi Tito Livio V 48. Plutarco vita di Cammillo p. 143.
  2. Dione lib. LXXIII p. 1234. Erodiano lib. II p. 63. Stor.