Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/179


— 177 —


Se un agnete della pubblica sorveglianza lo avesse sorpreso in quell’atto, avrebbe creduto di mancare al proprio debito omettendo di segnalare i di lui connotati sul tessero dei forestieri sospetti.

Quella esitanza, quelle precauzioni, non erano per parte dell’Albani che uno scrupolo eccessivo di legalità. Egli aveva notato che mancavano ancora dieci minuti al termine assegnato dalle leggi per la prova di dilazione.

— Conviene ch’io sia rigoroso fino all’eccesso! — pensava egli. — Il bene cui vado incontro è così grande, e d’altra parte sono così grandi i pericoli che mi circondano, che io mi riterrei uno scellerato quando dovessi imputare alla mia trascuratezza od alla mia imprudenza un disastro qualunque.

Come ognun vede, quell’anima ardente ed onesta era sempre agitata dal dubbio e dai presentimenti sinistri.

Per comprendere il cuore dell’Albani e le lotte tremende del suo spirito, è mestieri che noi ricordiamo sempre ciò che egli non poteva mai dimenticare, il suo terribile passato. — Quest’uomo si era macchiato di un orrendo delitto — aveva subito una pubblica condanna, per cinque anni morto alla società, egli non era mai riuscito a persuadersi che questa avesse realmente obbliato e perdonato. Nella rettitudine della sua coscienza, egli si giudicava inferiore a tutti gli incolpevoli. E quando la voce della coscienza parea placarsi, un’altra voce più lugubre gli rintronava nell’anima, quella del pubblico banditore, che dall’alto suo pergamo, in mezzo ad una piazza gremita di popolo e muta non di meno come una tomba, veniva ad intimargli la morte civile. Gli accadeva sovente di fermarsi col pensiero in questa meditazione angosciosa... Lo spirito della legge gli appariva eccellente. La condanna della morte civile, dopo i cinque anni di espiazione, prometteva l’oblìo del delitto, e la Riabi-