Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/263


CANTO DECIMOTTAVO. 237

LXXXIX.


     In pezzi minutissimi e sanguigni
Si disperser così le inique teste;
Che di sotto ai pesanti aspri macigni
708Soglion poco le biade uscir più peste.
Lasciar, gemendo, i tre spirti maligni
L’aria serena, e ’l bel raggio celeste:
E sen fuggir tra l’ombre empie infernali.
712Apprendete pietà quinci, o mortali.

XC.


     In questo mezzo alla Città la torre,
Cui dall’incendio il turbine assicura,
S’avvicina così, che può ben porre
716E fermare il suo ponte in su le mura;
Ma Solimano intrepido v’accorre,
E ’l passo angusto di tagliar procura:
E doppia i colpi, e ben l’avria reciso;
720Ma un’altra torre apparse all’improvviso.

XCI.


     La gran mole crescente oltra i confini
De’ più alti edifizj in aria passa.
Attoniti a quel mostro i Saracini
724Restar, vedendo la Città più bassa.
Ma il fero Turco, ancor che’n lui ruini
Di pietre un nembo, il loco suo non lassa:
Nè di tagliare il ponte anco diffida,
728E gli altri che temean rincora, e sgrida.