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Dell’Idrografia, ossia della circolazione, ecc. 63

non tutte sono guaste nello stesso grado. Certe pietre, meglio resistenti, si reggono ancora ben salde, mentre altre sono ormai disfatte. Così anche in natura. Quella rupe, composta di una certa roccia, si consuma più rapidamente di questa formata d’una roccia di tutt’altra natura: e se v’hanno paesi coperti di macerie ai piedi di montagne crollanti, ve ne hanno altri che resistono da secoli, quasi avessero montagne di diamante.

142. Come l’andrà dunque a finire, direte voi, con questo mondo che si sfascia? — Noi ci formiamo una falsa idea della stabilità del mondo, come essa dovesse consistere piuttosto nella immobilità de’ suoi elementi, che nella vita che all’universo deriva dallo svolgersi ordinato di ciascuno e di tutti. Vediamo che da una montagna si stacca un masso, un sassolino, e subito gridiamo che il mondo si guasta. Si guasta? Quante centinaja e migliaja di anni che su tutta quanta la superficie del globo si esercita furiosa, implacabile, la furia degli elementi! tutta la superficie della terra si decompone, si disquama, si polverizza. Quante rupi, quante montagne devono essere cadute sotto il martello demolitore del tempo, come caddero sfasciati i monumenti dell’arte, a cui la data non assegna che alcuni secoli di antichità! Eppure, guardate come la terra sorride col sorriso di una perenne gioventù, coperta di florida verzura, popolata da miriadi di animali. Se vi ha dunque una mano che distrugge, vi ha un’altra mano che riedifica. Una parte almeno di questo lavoro di riparazione noi lo vediamo, osservando che avvenga di quei brani di roccia, che di continuo si staccano dalla superficie del globo, e sono dalle acque portate altrove. Ecco il soggetto del capitolo seguente.