Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/39

tanta bestemmia; chè l’una e l’altra valgono ad alzar lo spirito verso nobili imprendimenti e confortatrici virtù; solo vorrei che si tenesse in molta stima anche quell’arte che può parlare più direttamente a noi uomini del secolo decimonono, metterci innanzi i nostri vizii e farcene vergognare, od indicarci quelle intime ed occulte virtù che gioverebbe mettere in luce. Oh sì, amiamola quest’arte, la quale di sì vantaggiosi frutti può farsi feconda, ed amiamola tanto più quando essa sia trattata da artisti che, pari ad Eugenio Bosa, sappiano congiungere la morale colla materiale verità.


Egli nato ed educato fra le originali maraviglie dell’unica Venezia, fin da fanciulletto ammirando gli ilari costumi e le allegre festività della patria. tutto adoperò il molto ingegno suo a diventarne col pennello l’interprete. S’addentrò nelle vie, ne’tugurii, nelle taverne; sorprese il povero nell’allegrezza, nella rissa, nel pianto; lo vide quando per le callaje col canestro in capo va vendendo il pesce a ritaglio; lo osservò, e quando estatico ascolta le rime sbagliate dell’improvvisatore, e quando plaude clamoroso ai lazzi de’burrattini, microcosmo che forse rivela certe magagne sociali meglio di cento romanzi intimi. Poi s’accostò alla rivendugliola che fa scialo di quattro cenci sudici quasi fossero broccato; entrò nella stanza tapina dell’artigiano quando, venduta la gonnella della moglie, affida quel misero ultimo denaro ad un numero, che, ostinato a non uscire dall’urna, lo lasciò in braccio a nera disperazione. Seguitò il popolo nell’agili barchette alle feste del Lido e di S. Marta, nei freschi notturni, quando prepara contento il desco poveretto dappresso alla sponda famosa ove approdarono le flotte della insigne repubblica. Il