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DIMETTA MUSICALE LUNEDÌ N. 23. 3 Giugno 845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in i.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA MUSICALE. DI MILANO La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations, ■ et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. J. J. Rousseau. Il prezzo dell’associazione alla Gassata e sVAntologia classica musicale è dicITeit. Ausi. L. 12 per semestre, ed effett. Ausi. L.U affrancata di porto «no ai confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. - La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Uflicio della Gassetta in casa Ricordi, contrada degli Ontenoni K.° 1720; all’estero presso t principali negozianti di musica c presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. SOMMARI O. I. Musica Moderna. Cenni sulla musica sacra. - II. Potpourri Bibliografico-Musicale. - Il I. Varietà’. Panarmonico di Lodovico Gavioli. - IV. Carteggio. - V. Notizie Musicali Diverse. - VI. Dizionario Musicale Critico-Umoristico. - VII. Nuove Pubblicazioni MuMUSICA MODERNA CEKKI Sl’LLA MUSICA SACRA (I). Penetra solo il cicl quell’armonia, Che in vece d’intonar canto clic nuoce, Piange le colpe sue con Geremia. Salv. Rosa. II. racconta che Michelangelo in?ran dipinto del gmdizio, CU1 v‘ Par^a’i denudasse ìa Ag»troppo le figure de’risorgenti, e?P^&5^§p_che perciò Paolo IV scandolezzato le facesse velare da un altro pittore, il quale però dovette aver paura non che vergognaa vestire de’suoi veli quelle mirabili creature. Ma la colpa fu del Bonarroti il quale nello sfoggiare, e scapricciarsi nel nudo, dove riusciva a meraviglia, non aveva badato che dipingeva in Chiesa. Questa inavvertenza fu commessa da altri egregi pittori di quel tempo, per cui ne furono meritamente biasimali. Ora che voglio io dire con questo? Voglio dire, che gli eccellenti maestri, i quali succedettero a sì esimii dipintori del secol d’oro, fuggirono le inavvertenze e i biasimi di quelli velando le musiche di Chiesa, e lasciando svelate quelle che sotto il nome di profane divertivano la gente in teatro. Del resto questo velo, come non basterebbe ai dipinti sacri, cosi nè anche alle composizioni ecclesiastiche. Imperocché bisogna che tanto il pittore, quanto il maestro attinga i suoi soggetti ai sacri fonti, e ne gli componga o secondo la verità, o il decoro del luogo, ed inoltre che vi spanda su un certo colorito che ritragga più del celeste che del terreno, più dello spirito che della carne; così che il pittore badi a dipingere per esempio volti e atteggiamenti di santi, ed il maestro attenda a darci di quelle melodie, non solo dissimili dalle profane, ma che adombrino per cosi dire quelle del Paradiso. I maestri bau da seguire in musica la scuola del Sassoferrato e del Dolci, il quale principalmente è celebrato nella storia pittorica «per l’espressione di (I) Vedi Subalpino, distribuzione di settembre 1S36. «certi pietosi affetti.... all’idea deH’afletto «consuona il colorito, ed il tuono gene«rale della pittura, ove nulla è di frago«roso o di ardito, tutto è modestia, tutto «è quiete, tutto è placida armonia». Ma è ormai tempo che io mi spicchi dalla pittura per parlarvi solo della musica, la quale ha gran bisogno di raccomandazione e di conforto onde poter pareggiare la sorella. Essa, quando fu presa sotto la tutela del suo Masaccio, che fu, come sapete, il Palestrina, ebbe molto a rallegrarsi, e molto a sperare, vedendo che il tutore aveva saputo trovare il genere di melodia conveniente ai divini ulfici, per cui col tempo e col senno de’ seguenti maestri sarebbe sempre stata ricca di due abiti, di uno da chiesa, e d’un altro da teatro; tanto era lontana dall’infausto pensiero della sopravvenutale povertà!Ma sapete voi a qual fuoco l’ingegno musicale del Palestrina siasi scaldato, o da quale pietra focaja abbia suscitate le nuove scintille? Dal salterio davidico, dalla sublime poesia ebraica. Egli non poteva ignorare che la poesia è l’anima della musica, che il canto ed il suono s’informano dal verso, e che le melodie dalle immagini, dagli affetti,dai sentimenti espressi daf poeta prendono colore; e perciò a tal puro e sconosciuto fonte attinse il nuovo stile musicale. I Fiamminghi, come alcuni moderni, non avevano mai pensato, che la poesia sacra potesse animare le loro fughe, e fargli uscire una volta da quello stile scolastico e triviale, d’onde avevano cominciato, e dove per pedantesca caparbietà ancora vollero rimanere non ostante il buon esempio del maestro italiano. E notate che sotto il nome di Fiamminghi io comprendo pure i seguaci che avevano in Italia, i loro discepoli ed imitatori, per colpa de’ quali il cattivo gusto durò e la sacra poesia fu malmenata sino al principio del secolo XVIII, tempo in cui i grandi musicali ingegni riaccesero quel fuoco che i successori di Palestrina aveano lasciato spegnere con grave danno dell’arte. E qui innanzi tratto sarebbe bene far due parole intorno alla sacra poesia, fondo comune, su cui dipingono i nostri maestri. Di questa ve n’ha due sorta; la prima è la scritturale ossia inspirata e divina, la quale, benché Iddio data ce l’abbia per instruirci e consolarci, ed edificarci alla Jiietà, nondimeno ama d’essere con essa e odato e cantato. «Onde i demonii(dice «il Grisostomo) introducendo in Chiesa «canti lascivi non rovinassero tutto, Id«dio oppose loro la salmodia, da cui e «piacere, e vantaggio insieme si ricavas» se». Ma questa salmodia non è tutta. compresa e nel salterio, e ne’ libri profetici, ed in altri scritti originalmente in metro; poiché siccome le parole della lilur- j già sono quasi un florilegio di tutta la Bibbia, così materia d’ogni musicale compo- | sizione può essere qualunque tratto scrii-! turale sta in prosa che in versi. L’altra sorta è quella degl’inni, delle sequenze, dei ‘ cantici adottati dalla Chiesa, di cui ve n’ha; di vario metro e gusto; i quali, benché più! arrendevoli alle note ed al ritmo musicale per la loro verseggiatura, tuttavia forza è che cedano ai biblici nella sublimità, nella varietà, ncH’affetto. Ciò posto io domanderei come debba essere musicalmente trattata questa poesia? Sarebbe un inceppare ingiuriosamente gl’ingegni, ove si pretendesse di assoggettarli all’autorità dei sommi compositori, ed all’imitazione servile dei migliori modelli, non lasciando loro quella libertà che aiuta nelle arti a creare. Tanto meno io presenterei a’maestri un tipo nella musica degli Asaf, e degli Idithun voglio dire nell’antica musica ebraica, la quale sappiamo essere stata per la moltitudine degli stranienti piuttosto fragorosa; nè senza ragione, poiché gli Ebrei, come nelle altre cose, aveva» bisogno nel lodar Dio di forti scosse e d’un’armonia direi quasi corporale e degna dei loro sanguinosi riti. La religione della pace, dello spirito, dell’amore vuole una musica pacata, spirituale, amorosa, che scuota il cuore non il corpo, j che innalzi l’anima alle celesti cose, che desti i più puri affetti, la più soave allegria, e lasci nel cristiano qualche memoria a’guisa d’una predica, o d’una meditazione; insomma vuole una musica che non si opponga al buon effetto,, che e le sacre parole, e i divini uffizi, e la maestà della religione debbono produrre in chi vi assiste! nel tempio. Direte voi che questo è un | retender troppo? Anzi è un pretender i en poco, e, secondo me, è un far torto: alla musica l’esigere solo da lei che non j distrugga le sacre impressioni, perchè io j la credo abile a confermarle, a rinforzarle, ad ingrandirle. Io metto l’orchestra nel numero di quegli oggetti esterni che accrescono a’ sensi nostri maestà al divi» culto, onde procacciar quel piacere e quel vantaggio di cui parlava il Grisostomo. Se la semplicità dei prischi riti voleva semplici cantilene, la maestà delle presenti ceremonie esige una © musica conforme, accordata con esse. Voi mi vedete che io non sono nè rigoroso, nè Sg; i partigiano dell’antica musicale grettezza, || quantunque lodator degli antichi. Ma ti