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Supplemento al JV. ) Ticino i vari concetti poetici, ed imitare al |! più possibile le inflessioni che usa la voce. nella declamazione, il Peri per il primo | ardiva infrangere i ceppi delle antiche dottrine, e cosi veniva a scoprire, o almeno: apriva la via per giungere alla scoperta di quei rapporti pei quali vengono a congiungersi le transizioni anco le più eterogenee e le più straordinarie. Il Peri dunque è da stimarsi come il primitivo fondatore del nostro attuai sistema musicale. Cinque o sei volle più voluminoso di quel che lo sia sarebbe stato lo spartito aeV Euridice del Peri, se, come si usa oggidì, si fosse usato in quel tempo distendere le partiture. Le sole parti vocali concepite per lo più a note e parole, senza ripetizione veruna neppur nelle arie, costantemente sostenute da un semplice accompagnamento di basso continuo senza forma melodica, corredato di poche cifre numeriche e di quei segni alterativi indispensabili a stabilir le varie transizioni, è quanto trovasi di scritto nelle partiture dei primitivi drammi musicali. Non per questo gli stromenti di varia specie mancavano di concorrere a render più completi tali spettacoli } il Peri islesso ci fa sapere che la sua Euridice fu dentro alla scena suonala da’ signori per nobiltà di sangue e per eccellenza di musica illustri, e non vogliamo credere che il numero dei suonatori che vi ebbero parte si restringesse a quei soli quattro che egli nomina, giacché Giulio Caccini nella occasione islessa di festeggiare il matrimonio di Maria De Medici poneva in musica il Rapimento di Cefalo, altro spettacolo scenico di cui pubblicò il coro finale in aggiunta alla sua Euridice, che fu, com’ei ne avverte eseguito da settdntacinque persone tra suonatori c cantanti, disposti sul palco in farnia di mezzaluna, e tanti quanti ne tenea la scena, nè per questo la sua partitura si vede differire dal sistema tenuto in tutte le altre dell’islesso genere di quel tempo. Dietro tali notizie può nascere in noi una curiosità che non facilmente potrebbesi soddisfare, ed è quella di sapere se in quei primi teplativi drammatici i suonatori si stessero appiattali dentro la scena, o comparissero in palco insieme con gli attori, o sivvero come oggi in massa collocati fossero in quella parte inferiore del proscenio che noi chiamiamo orchestra. Comunque si fosse, certamente lo strumentale non dovea essere la parte più brillante e la più perfetta di quelle sontuose feste, potendosi ciò arguire dalfamalgama curioso di gravicembali, chitarroni, liuti, lire, viole da gamba, viole di mezzo, violette, violini, arpe, cornetti, flauti, cornamuti, fagotti, corni torli e moltissimi altri di tali stromenti di cui distintamente ci parla il padre Lodovico Zacconi nella sua Pratica di Musica (Venezia -1592), i quali in simili occasioni soleansi adoprare a maggior magnificenza. Oltre un disquilibrio di forze sonore che necessariamente incontrar si dovea nella diversa ed opposta natura di simili stromeuti, non si sarà potuto a meno di evitare una qualche confusione che nascer dovea dalla libertà concessa ad ogni suonatore di crearsi sul basso continuo una parte adattata al proprio istromento • ed alla propria capacità,contrappuntizzando 14 alla mente come faceano i cantori sulle

melodie dell’Antifonario in tempi anteriori.

1 Questa bizzarra maniera di far della inu| sica strumentale che fu in pieno vigore per circa un mezzo secolo, mantenea un residuo di vita anco nella seconda metà del secolo XVII, giacché non ostante i vistosissimi progressi fatti nel periodo e nella forma melodica, la quale non poteva a meno di render, necessario un determinato disegno negli accompagnamenti, pure nel Paride di Gio. Andrea Buontempi perugino che mi fu dato riscontrare, rinvenni il solito accompagnamento di basso continuo solamente interrotto di tanto in tanto per dar riposo alle voci da brevi ritornelletti scritti in contrappunto a tre parti, senza però veruna indicazione degli stromenti con che si doveano eseguire. Questa grand’opera in cinque atti, di cui il Buontempi fu autore anco della poesia, venne rappresentata con ’grandissimo apparato alla Corte di:.Dresda nel -1662, e fu la prima volta che la Sassonia godesse di tali spettacoli. I romantici hanno in quella un gran modello da ammirare. Luigi Picchianti EE SETTE PAROLE CENSI STORICI} RIFLESSIONI, CRITICHE, CCC. Già in questo foglio fu luogo a lodare il savio divisamente della Società inarmonica Fiorentina, clic, ferma stante l’esecuzione delle solile grandi accademie, stabili ogni prima c terza Domenica dei mesi di esercizio aprire le sue sale a quei dilettanti e professori addetti alla Società clic volessero là convenire ad esercitarsi nella esecuzione di pezzi di scelta musica. Già molte buone composizioni sono state eseguite in simili circostanze, c per noi ò certo un incontestabile progresso artistico, clic qualche dozzina di signorine duellanti dia ormai mano volentieri alla esecuzione di musica austera, sacra per le più volle, di che il (itolo soltanto soleva essere finora quasi uno spauracchio per questo grazioso ed amabilissimo fra tutti quanti generi esistono di animali canori. Certo clic onderebbe assai lungi dal vero chi asserisse (ali riunioni di studio, o, come le dicono, esercizi, nella loro attuale condizione nulla lascino a desiderare: il fatto ò ben diverso, chè molto di ciò non dovrebbe fervisi vi si fa (bene è inteso, parlo per rapporto alla musica soltanto), mollo di ciò fare vi si dovrebbe non vi si fa: ma è indubitato che la istituzione è buona in sò stessa c che il più interessante è ottenuto; giova ora sperare clic il tempo e l’esperienza facciano ammaestrali dei modi di migliorarla. Ma su ciò non più; chò volli soltanto mi servisse d’introduzione ad altre cose. La esecuzione clic in tali cscrcizj ebbe luogo della musica delle Selle Parole composta da Merendante, fece nascere il desiderio di sentire quella vergata sullo stesso subiclto da Giuseppe Ilaydn; ed in fatti per due domeniche successive la bellissima tra le belle composizioni del tedesco maestro fu eseguita in un modo che se, a dir vero, non si avvicinò troppo alla perfezione, trattandosi infine di semplici prove potò dirsi plausibile. Ora siccome, considerando il modo con cui si proccdè in questa esecuzione, può nascere un dubbio, una questione, la soluzione di cui non ò senza interesse sì nella pratica clic nella bibliografia musicale, cosi intendo toccarne alcun clic, c a tal fine mi’ sia concesso far cominciamento dando un cenno della istoria di questa opera tanto meritamente lodata. Quando nell’anno 1801 i noti editori Brcitkopf ed Ilàrtcl di Lipsia davano alle stampe la composizione in discorso, la facevano precedere da una Prefazione tedesca scritta dallo stesso Haydn, la quale, voltata nella nostra lingua, è del seguente tenore: «Prefazione. - Sono all’incirca quindici anni che fui ricercato da un canonico di Càdicc di comporre una musica istrumenlalc sulle Selle Parole di Gesù in Croce. Si soleva in allora tutti gli anni eseguire durante la quaresima nella cattedrale di Cadice un Oratorio, a render maggiore l’effetto del quale non poco doveva contribuire il seguente apparalo. Le pareti, lè finestre, le colonne della chiesa erano tappezzale con panni neri, ed una sola gran lampada appesa nel mezzo rischiarava le sacre tenebre. All’ora di mezzogiorno si chiudevano tutte le porle; allora cominciava la musica. Dopo un adattato preludio il vescovo saliva in pulpito, pronunziava una delle parole, c vi faceva sopra una meditazione; terminala la quale discendeva c si andava a porre ginocchioni avanti l’altare. Il tempo clic vi restava era occupato dalla musica; risalivo, poi, e risccndcva dal pulpito una seconda, una terza volta e così via discorrendo, c sempre alla fine della orazione ricominciava l’orchestra. - Doveva la mia musica essere adattata a questa funzione. 11 comporre sette adagi, di cui ognuno durasse circa dicci minuti, clic dovevano susseguirsi l’un l’altro, senza nojarc l’uditore, non era delle più lievi intraprese, ed io mi avvidi subito clic non mi era tenuto legato al suindicato spazio di tempo. - La musica era in origine senza parole, ed in questa forma ò stala stampata. Non prima d’ora mi venne occasione di aggiungervi il canto, di modo clic l’oratorio Le selle parole del Salvatore in croce ora per la prima volta si pubblica dai signori Brcitkopf ed Ilàrtcl di Lipsia come un’opera compila, e, perciò concerne la parte vocale, nuova del lutto. La predilezione con che questo lavoro ò onorato dai culti conoscitori, mi fa sperare che anche presso il pubblico tutto non sarà per mancargli un simile incontro. - Vienna, Marzo 1801. - Giuseppe Haydn. h Il modo con clic Ilaydn parla nella sopratrascritta prefazione della riduzione per canto di questa sua musica, fece credere a molli ch’egli stesso l’avesse operata. Ma la cosa non è così, ed ecco come la descrive l’esattissimo Carpani nelle Haydinr (Lettere su la vita c le opere di Giuseppe Haydn, Milano, 1812, voi. 1, in 8.° lett. 7, pag. 106)»... Alcuni.anni dopo venne capriccio al consigliere Fricdbcrg, al servizio del principe vescovo di Passavia c fratello del vivente maestro di tal nome, uomo amantissimo della musica c versato nell’arte, di aggiungere le parole ed il canto a qucU’cnfatica c divina musica istrumentalc. Si rivolse per tal fine al maestro Michele Haydn, fratello del nostro Giuseppe c maestro di cappella a Salisburgo. Questi, come dissi, profondissimo nella sua scienza, accettò un impegno sì arduo c da spaventare un Monteverde, un Palcstrina. 11 consigliere compose le parole, ed il maestro Michele, senza toccar nulla della musica strumentale, la fe’ diventare accompagnamento, aggiungendovi il canto a quattro voci e a tutto rigore e precisione di contrappunto. Riuscitogli a meraviglia il lavoro, lo inviò al fratello, c questi non solo l’approvò, ma lo fece eseguire più volle, c lo lusciò correre di poi nel pubblico come fatica sua. E certo clic l’ILiydn era capacissimo, impiegandovi però molta pena, di fare quanto il fratello suo aveva fatto. Il fondo, su cui si esercitarono i due fratelli era lutto di Giuseppe, onde sarebbe farisaica accusa qualora di plagio accusar si volesse il nostro Haydn d’aver riguardalo come lavoro c proprietà sua questo dono fraterno; tanto più che nel così operare dava al fratello la più lusinghiera prova del grandissimo conto clic ne faceva. Di fatti, fin clic visse, ben lungi dal lagnarsene, il maestro Michele andò superbo di questa approvazione di fatto, datagli dal celebre suo fratello di carne c di mcOra è a dirsi che per eseguire questa composizione si è tenuto alla Società Filarmonica nell’incontro presente il modo che segue: assegnale ai cantanti le parti immaginate da Michele, secondo clic si hanno dalla edizione di Lipsia di cui ò parola di sopra, corrette però, in (pianto alla versione italiana, per opera dell’nbilc dilettante Francesco Casuccini senese, si sono fatte eseguire agli stromenti quelle ideate già in principio da Giuseppe, ricavandole dalla antica edizione originale per orchestra soltanto. Ma ò da sapersi che tra la strumentazione di questa e quella dell’altra edizione corrono le differenze che son per dire: 1.° si ritenne esattamente nella seconda la istrumcntazionc originale della introduzione cui non fu aggiunto il canto, c si rispettò in tutta l’estensione dell’opera la distribuzione del quartetto istrumenlalc, che sole due o tre lievissime alterazioni ebbe a subire; ma però agli stromenti a fiato ( che in origine si restringevano a due oboe