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la classica Edina! Mi limiterò ai principali particolari della mia pietosa avventura.

Dopo avere alquanto soddisfatta la mia curiosità e studiata così dall’alto la fisionomia generale della città, rivolsi la mia attenzione ad esaminare la chiesa e la delicata architettura della torre su cui mi trovavo. Rimarcai che il foro pel quale la mia testa poteva passare giusto, giusto, si apriva nel quadrante di un gigantesco orologio. Dalla strada dove fa l’effetto di un largo buco da chiave come si vede nei quadranti degli orologi da tasca. Senza dubbio il vero scopo dell’apertura era quello di permettere al braccio di un impiegato di accomodare, occorrendo, le sfere dell’orologio. Osservai con sorpresa le enormi dimensioni di quelle sfere, di cui la più lunga era almeno dieci piedi e larga da 8 a 10 pollici. Erano fatte in acciaio massiccio, e pareva che i bordi ne fossero affilati.

Dopo aver notato questi dettagli, e qualche altro particolare, rivolsi di nuovo il mio sguardo alla stupenda prospettiva che avevo dinanzi, e mi assorbii nelle mie contemplazioni.

Fui disturbata dalla voce di Pompeo, che mi dichiarava non poter più resistere, e mi pregava di scendere dalle sue spalle! Era assurdo! e glielo dissi. Egli insistette, ed allora, in termini perentorii, gli replicai che era un imbecille; che aveva commessa un Ignoramus eclench-yre, che le sue idee non erano che Insommary Bovis, che infine le sue parole non valevano neppure un’Ennemye warry borʼem. Egli rimase soddisfatto!