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capitolo nono. 27


Il resto del combattimento, che durò circa un’ora, fu sostenuto principalmente dal nostr’uomo1 Luigi Carniglia, dal pilotino Pasquale Lodola e dai marinari Giovanni Lamberti, Maurizio Garibaldi, due Maltesi ec. Gl’Italiani, meno uno, combatterono valorosamente. Gli stranieri ed i neri liberti, in numero di cinque, si salvarono nella stiva.

Io ero rimasto per mezz’ora disteso sulla tolda quale cadavere, ed abbenchè dopo riprendessi i sensi a poco a poco, non potevo movermi, rimasi inutile e fui creduto spacciato.

Staccato il nemico a fucilate non si pensò più ad assaltar nessuno in quelle alture e si proseguì per l’interno del Plata a cercarvi un asilo e dei viveri.

La mia posizione era ben ardua. Mortalmente ferito, nell’incapacità di muovermi, non avendo a bordo uno solo che possedesse le minime nozioni geografiche, mi trassero davanti la carta idrografica di bordo perchè vi gettassi i moribondi miei occhi per indicare alcun punto di meta da dirigervi la corsa. Indicai Santa Fè nel fiume Paranà, che vidi scritto in lettere maggiori sulla carta suddetta.

Niuno era stato in quel fiume, tranne Maurizio una sola volta nell’Uruguay.2 I marinari atterriti dalla situazione, giacchè, rigettati dal governo di Montevideo, unico che si credeva amico della Repubblica riograndense, si poteva esser considerati quali pirati, i marinari, dico, erano in un avvilimento indescrivibile, meno gl’Italiani, devo confessare il vero. La situazione mia, la vista del cadavere di Fiorentino, e, come dissi, il timore d’esser considerati ovunque pirati, metteva ad essi lo spavento sul volto, ed alla prima opportuna occasione realmente disertarono. In ogni barco, in ogni uccello che scoprivano quei codardi vedevano nemici inviati a perseguirci.


  1. Nostr’uomo, capo dei marinari dopo il capitano e gli ufficiali.
  2. Confluente del Rio de la Plata.