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116 primo periodo.

irresolutezze e molte diserzioni individuali, come doveva necessariamente succedere in una guerra in cui da ambe le parti si parlava lo stesso idioma ed i maggiori nuclei eran della stessa terra. Il popolo però rispose con fermezza, con eroismo, all’energica voce dei generosi che lo chiamavano alla riscossa, proclamando la patria in pericolo e chiamando tutti sotto le armi.

In breve vi fu un nuovo esercito, non così numeroso, non tanto disciplinato, ma almeno assai più pieno di slancio e d’entusiasmo, più penetrato della causa sacrosanta del dovere che lo spingeva. Non era più la causa d’un uomo che lo stimolava, che spingeva le moltitudini sui campi di battaglia: V astro di quell’uomo era tramontato nell’ultimo conflitto, ed invano sforzavasi in seguito di rialzarsi; ma era la causa nazionale, davanti cui tacevano gli odi, le personalità, le miserabili dissensioni. Lo straniero preparavasi ad invadere il territorio della Repubblica. Ogni cittadino correva con armi e cavalli ad allignarsi sotto le bandiere per respingerlo. Il pericolo cresceva coll’approssimarsi dell’esercito formidabile di Rosas, comandato dal tremendo suo luogotenente Ourives; ebbene, cresceva il brio, la devozione alla patria in quelle popolazioni generose. Non una voce di transazione, di patteggio coll’invasore, e già d’allora potevasi congetturare di che cosa era capace in fatto di costanza, di privazioni, d’eroismo, la nazione che sostenne nella sua capitale un assedio di nove anni, per vincere alla fine.

Io arrossisco pensando a ciò che abbiam fatto in Italia dopo la battaglia di Novara. Eppure l’Italia tutta bramava non soggiacere al dominio straniero, ed anelava di combattere, ed io ho la coscienza essere il nostro popolo suscettibile di costanza e di slancio generoso! Ma le cause!... Oh! le cause delle nostre sciagure sono tante!... E tanti sono i traditori neri neri e multiformi che feconda la nostra bella e ben sventurata terra!