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96 primo periodo.

Si osservi che quando qualcheduno di quei poveri animali si stancava, io ero obbligato di venderlo, e per grazia ne ricavavo uno scudo. Infine, dopo di aver passato indescrivibili incomodi, freddi e dispiaceri, per lo spazio di una cinquantina di giorni, giunsi a Montevideo con poche cuoia risultanti dai miei novecento bovi, dalle quali ritrassi poche centinaia di scudi, che appena servironmi per scarsamente vestire la famiglia e due miei compagni.

Riparai in Montevideo in casa dell’amico mio Napoleone Castellini, alle cui gentilezze e della moglie io devo molti riguardi; e passai qualche tempo nella di lui casa.

Avevo famiglia, i mezzi esausti: era quindi necessario procacciar l’esistenza di tre individui in un modo indipendente. Il pane altrui mi è sempre sembrato amaro, e pur troppo nella mia vita piena di peripezie sovente ho avuto bisogno d’un amico, e per mia fortuna non mi è mai mancato.

Io assunsi frattanto due occupazioni, di poco prodotto veramente, ma che servirono all’alimento, e furono quella di sensale mercantile, ed alcune lezioni di matematiche date nell’Istituto dello stimabile istitutore signor Paolo Semidei.1 Tal genere di vita durò sino al mio impiego nella squadra orientale (cioè di Montevideo).

La questione riograndense incamminavasi verso un accomodamento, ed Anzani, che io avevo lasciato al comando delle poche forze da me comandate in quella Repubblica, ritiravasi, e mi scriveva che nulla più v’era da fare in quel paese.

La Repubblica di Montevideo mi offrì ben presto occupazioni. Mi fu offerto, e lo accettai, il comando della corvetta da guerra Costituzione di diciotto pezzi. La squadra orientale era comandata dal colonnello Cohe,


  1. Io ricordo con affetto e gratitudine la generosa amicizia di Giovanni Battista Cuneo, invariabile amico di tutta la vita, dei fratalli Antonini e di Giovanni Risso.