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92 primo periodo.

cioè fuori della foresta, ove trovare alcuni alimenti per sè e per il pargoletto. I due cavalli che alternativamente portavano Anita, ed il coraggio sublime di quella valorosa mia compagna salvaronmi ciò che di più caro io avevo nella vita. Essa giunse fuori della piccada, e per fortuna vi trovò alcuni de’ miei militi con un fuoco acceso, cosa che non sempre poteva ottenersi per la continuazione della pioggia a diluvio, e la povera condizione a cui eravamo ridotti.

I miei compagni, a cui era riuscito d’asciugare alcuni cenci, presero il bambino che tutti amavano, l’involsero, lo riscaldarono, e lo tornarono in vita, quando la povera madre già poco sperava di quella tenera esistenza. Con amorevolissima sollecitudine procurarono quei buoni militi di cercare alcuni alimenti coi quali ristaurossi la cara mia donna, e potè allattare il mio primo nato.

Io faticai invano per salvare i muli. Rimasto con quelle spossate bestie, tagliai loro quanto mi fu possibile delle foglie di canne per alimentarli, ma non mi valse: fui obbligato di abbandonarle, e cercare d’uscir io pure dalla foresta, a piedi ed affamato.

A nove giorni dalla nostra entrata, appena trovavasi fuori dalla piccada la coda della divisione, e pochissimi cavalli d’ufficiali eransi potuti salvare. Il generale Labattue, che ci aveva preceduti fuggendo, avea lasciato nella stessa selva de las Antas alcune artiglierie, che per mancanza di mezzi non potemmo trasportare, e rimasero sepolte in quelle spelonche, chi sa per quanto tempo.

I temporali sembravano star di casa nella selva suddetta, poichè usciti nei campi dell’altipiano, in Cima da Serra noi trovammo dei tempi bellissimi, e vi trovammo pure degli animali bovini per noi preziosissimi come alimento. Dimodochè si dimenticarono alquanto i disagi passati.

Entrammo quindi nel dipartimento di Vaccaria, ove permanemmo alcuni giorni per aspettare il corpo di