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capitolo ventesimottavo. 91

ralmente dei bambini d’ogni età. Pochi di quelli in età più tenera uscirono dalla foresta. Alcuni pochi furono raccolti da cavalieri, giacché pochi cavalli si salvarono, e molte madri pure rimasero morte o morenti di fame, di disagio e di freddo!!!

Vi sono foreste nella parte bassa della provincia, ove il clima è quasi tropicale, ed in cui si trovavano in abbondanza frutte selvatiche, ma buone e nutritive, come la guayaba, l’arassà, ec.; ma nelle selve dell’alta Serra, ove ci eravamo inoltrati, non si trovano tali frutta, ed appena trovansi foglie di taquara, canne grossissime, alimento insufficiente per animali, e che non valse a salvarmi due muli che portavano il mio povero bagaglio.1

Anita abbrividiva all’idea di perdere il nostro Menotti, che salvammo per un miracolo! Nel più arduo della strada ed al passo dei torrenti io portava il mio caro figlio di tre mesi in un fazzoletto a tracolla, procurando di riscaldarmelo al seno e coll’alito.

D’una dodicina d’animali di mia proprietà, che con me entrarono nella foresta, tra cavalli e muli, parte da sella ed altri da bagagli, eravamo rimasti con due cavalli e due muli. Gli altri stanchi erano stati abbandonati.

I pratici, per colmo di sventura, avevano sbagliato la piccada (sentiero tagliato nella foresta), e quello fu uno dei motivi che sì difficilmente ci fece varcare quella terribile selva de las Antas (Anta è una belva che mi dissero somigliare all’asino, inoffensiva, la di cui carne è squisita, ed il cuoio serve a molti forti ed eleganti lavori. Io ho veduto il cuoio, mai l’animale).

Siccome si procedeva avanti senza trovar mai la fine della piccada, io rimasi nella selva coi due muli che pure si stancarono, e mandai Anita col mio assistente ed il bambino, acciocché alternando i due cavalli che ci rimanevano, essa procurasse di uscire al chiaro,


  1. Si osservi che con moglie e bambino ero stato obbligato di provvedermi d’una tenda e poco bagaglio.