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gli Stati ove la nazione era veramente decisa di non piegare il collo.

Ma che succedeva nei felici e ricchi paesi d’Italia e Francia? Giungeva il nemico — voi vedevate dal sindaco al sagrestano corrergli incontro con musi ridenti — non dico volti, poiché quelle mutrie non appartengono a razza umana — domandare di che abbisognava, ed a gara l’uno dell’altro, rompersi il collo per soddisfare ai bisogni — sollecitudini il più sovente pagate con bastonate o peggio.

Giungevano i connazionali — fossero essi francs-tireurs o volontari — stanchi, decimati dalle palle nemiche o dalla fame.......... — «Via! via presto che ci compromettete. I prussiani o i turchi hanno portato via tutto: nulla più abbiamo» — e tante altre simili cantilene.

Fortuna se si era in molti, allora qualche cosa da mangiare e da bere si trovava; in pochi, anche le donne vi correvan sopra colle scope!

E qui lo spigolatore dell’Unità Italiana mi ricorderà l’antifona mia favorita; e siccome, come ogni fedele, sono anch’io un po’ di testa dura e dò poca retta agli spigolatori del dottrinarismo, qui, dico, forse per la centesima volta, devo ricordare agli Italiani che gli ho veduti anch’io i preti col crocifìsso alla mano, seguiti da una folla di popolo plaudente, sventuratamente italiano, precedere la trionfale entrata dello straniero nei paesi nostri.

Nelle strade d’Isernia non si vedeva un solo