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poichè su di me è possente l’effetto simpatico del volto di un uomo onesto.

«Dirai a Castelli ch’io l’amo» dicevo bambino ad un mio amico che recavasi presso il summentovato, che avevo veduto una volta sola e che mi aveva suscitato simpatia.

Un’altra volta per il figlio di un cocchiere, che i miei parenti non volevano vedermi frequentare, io quasi divenni pazzo.

Ebbene! tra le nostre tre donne, che a Tivoli per l’abbondanza di cavalli s’eran lasciate persuadere di cavalcare, regnava molta simpatia, massime tra la contessa Virginia e Marzia. La contessa trovava forse la Lina troppo bella? Nel cuor delle belle — con tutto il culto che ho per esse — so regnarvi, qualche volta, dei germi di gelosia, così sottili, così delicati, che nelle anime nostre più rozze sono, credo, impercettibili.

Ma Lina era simpatica alla patrizia Romana! e non so se gelosia e simpatia ponno albergare sotto la stessa scorza. E poi, Marzia, benchè di bellezza diversa, era pure bellissima!

O sarà, che la bella fisonomia della fanciulla Romana, annuvolata spesso, non so da qual senso di dolorosa reminiscenza, confacevasi più al bruno, stupendamente bello e malinconico volto della Contessa.

La bionda figlia delle Alpi aggiungeva ai suoi vezzi, veramente, certa giovialità che cercavasi invano nell’aspetto della compagna.

Comunque, Virginia portava alcuna preferenza