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capitolo i 3


condurrà per la mano al compimento della grande impresa — l’astro che scorgeva il grandissimo cantore di Beatrice, e che scorgevano i grandi che gli successero, nel più cupo delle tempeste — la Stella d’Italia!

Ove sono i piroscafi che vi presero a Villa Spinola e vi condussero attraverso il Tirreno salvi nel piccolo porto di Marsala? Ove? Son forse essi nuovi Argo, gelosamente conservati, e segnati all’ammirazione dello straniero e dei posteri, simulacro della più grande e più onorevole delle imprese italiane? Tutt’altro; essi sono scomparsi. — L’invidia e la dappocaggine di chi regge l’Italia, hanno voluto distruggere quei testimoni delle loro vergogne.

Chi dice: Essi furon perduti in premeditati naufragi. — Chi li suppone a marcire nel più recondito d’un arsenale, — e chi venduti agli ebrei per pochi soldi, come vesti sdruscite.

Vogate però, vogate impavidi — Piemonte e Lombardo1, nobili veicoli d’una nobilissima banda — la storia rammenterà i vostri illustri nomi, a dispetto dell’invidia e della calunnia. — E voi, giovani che mi leggete, lasciate pur gracchiare il dottrinarismo. Ove in Italia si trovino Italiani che pugnano contro tiranni interni e soldati stranieri, correte in aiuto dei fratelli, e persuadetevi che il programma di Dante «Fare l’Italia

  1. I due piroscafi che trasportarono i Mille in Sicilia imbarcandoli a Villa Spinola, residenza dell’illustre C. A. Vecchi, che tanto fece in favore della spedizione.