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capitolo xl 211


«Più efficaci ancora erano i roghi» gridò con accento rabbioso il Segretario: e la voce avvelenata del minor scarafaggio fu interrotta dal suono di un campanello, dal comparire d’un servo in livrea, e finalmente da monsignor Corvo, introdotto con segni di rispetto nell’aula.

Seduto che fu in una poltrona damascata il nuovo venuto che — se bene inferiore in grado ai due principi della Chiesa (che modestia!) non mostrava perciò verun imbarazzo od umiltà, tanta era l’importanza acquistata dal seduttore della bella Contessa — seduto che fu, dico, e dopo di aver squadrato da capo a piedi i presenti da lui ben conosciuti, esclamò come Archimede al famoso ritrovato del quadrato dell’ipotenusa, uguale alla somma di quelli dei cateti: «L’ho trovato! — Sì l’ho trovato l’enimma che da tanti giorni cercavo sulle distrazioni e procedimenti della Contessa . . . Essa è innamorata d’un perduto! . . . d’uno di quegli esseri perversi, che per principii, per dovere (come essi lo intendono per i loro atroci giuramenti, per ogni propensione insomma) sono i nemici nostri mortali!»

— «Innamorata d’un Repubblicano!»

Repubblicano! . . . ed il protervo campione della malizia umana, forse il più astuto, non ardì aggiungere un epiteto degradante a quel nobile titolo, che equivale a quello di onesto, forse anche nella coscienza dei reprobi.

«Ma che monta!» esclamò il Cardinale Volpe, «se una donna è innamorata più d’uno che