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capitolo xxxix 201


Tutti fuggivano dall’imminente temporale che si faceva minacciosissimo, e dall’afa. A lei le strade deserte, i lampi che già cominciavano a solcare il firmamento, i tuoni che già rimbombavano, e lo stato orribile del suo cuore, mossero la voglia di uscire al passeggio.

Da molto tempo sdegnando le femminili eleganze, essa raccolse in una reticella una bellissima chioma, si avvolse in un ampio sciallo, e accompagnata da una sola fantesca, s’incamminò quasi fuggendo la foga dei pensieri che la torturavano.

Il palazzo della contessa Virginia N... era occupato da essa e dalla madre attempata e bachettona, con numerosa servitù, giacchè la nostra eroina non solo apparteneva a cospicua famiglia, ma ricchissima, uno dei motivi principali delle sollecitudini degli avoltoi del sanfedismo. — Codesto superbo edifizio, come lo sono generalmente i palazzi del patriziato romano, ergevasi sontuoso sulla piazza S. Grisogono in Trastevere (non so ove diavolo i chercuti abbiano dissotterrato questo santo: sarà senza dubbio qualche parente di quel Griso che arrestò D. Abbondio).

La contessa uscì dal portone marmoreo della sua abitazione, ed avviossi celere per la Longaretta verso il Tevere a Ponte Rotto. — A quel ponte, metà in ferro, trovansi generalmente dei navicelletti; essa accennò ad un barcaiuolo conosciuto, ed avvicinata la barca alla sponda vi di-


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