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capitolo xxxv 179


bocchevole il numero di birri vigilantissimi sui disturbatori dell’ordine, ch’essi adocchiavano e che avrebbero arrestati in circostanza meno pericolosa.

Le superbe porte egizie del grandissimo tempio erano spalancate, come suolsi nelle feste solenni e dall’immenso colonnato perittero, si poteva scorgere il modesto erede del povero pescatore di Palestina, assiso sul suo trono d’ebano, tempestato di diamanti e d’oro, e vestito con tanto lusso, quanto ne potè inventare l’orientale magnificenza.

Civettara, il massimo dei sacerdoti, squadrandosi nella ricchissima sua tenuta con donnesca compiacenza, sorrideva alla stupida moltitudine, massime quando lo sguardo lascivo posavasi su qualche bella figura.

Polpute eminenze e monsignori formavano la destra e sinistra, su tre di fondo e seduti pure su banchi riccamente adorni in anfiteatro.

All’aria compunta e solenne di tutti questi magnati della malizia, avresti creduto esser eglino nell’atto di decidere qualche opera benefica a profitto dell’umanità sofferente — quando invece quei perversi eran lì riuniti per consacrare nuove menzogne, ed insidiare nuove sventurate creature, nell’intelligenza di far male, e beffandosi della vile canaglia che non li prende a sassate.

La processione procedeva verso il maggior altare, e verso il maggiore dei furbi. — I dragoni schieravansi in ala all’entrata del tempio, e gli alabardieri facean lo stesso nell’interno, dimo-