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CAPO SECONDO

I

della natura della moneta in quanto ella è comune
misura de’ prezzi, e delle monete
immaginarie e di conto

Che sia moneta ideale — Principi da stabilirsi intorno alla mutazione de’ prezzi, cagionata dalla mutazione della misura, cioè del danaro — Che il mutarsi la comune misura de’ prezzi è incomodo inevitabile — Che la moneta immaginaria non è misura piú stabile della reale — Qual cosa sia invariabile misura — Forse questa misura stabile è l’uomo — Ragioni di questo sentimento — Delle monete di conto — Che è inutile il determinare il conto con certe monete sole — Si conferma colla Francia — Considerazioni sul primo capo delle Rimostranze delle monete a Blois — Considerazioni sul secondo capo — Considerazioni sul terzo — Editto di Errico quarto — Motivi di questo editto — Se sia vero che la grandezza della moneta di conto sia indizio delle ricchezze del popolo che l’usa — Considerazioni sulle false doglianze per la non conosciuta mutazione del prezzo intrinseco de’ metalli — False doglianze di carestia in prosperitá e buon governo, onde nascano — Continuazione dello stesso soggetto — Sciocchezza del volgare elogio d’un paese, che i viveri vi sieno a buon mercato — Il maggior valore delle merci è segno di buon governo — Perché si chiami «carestia» il prezzo caro — Differenza fra l’incarire per calamitá o per prosperitá — Spiegazione di due avvenimenti strani del nostro Regno — Conclusione — Errore di credere aumentati i dazi de’ secoli passati.

Avendo dimostrata quale sia e quale uso naturalmente presta la moneta allor ch’ella compra ed equivale a tutte le altre cose, vengo a dire di lei come d’una regola della proporzione, che hanno le cose tutte a’ bisogni della vita, che è quel che dicesi, con una voce sola, «prezzo delle cose»; e, perché piú