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344 note aggiunte nella seconda edizione


pubblicati nel 1619 e 1620 e dedicati alla Giunta de’ banchi e della zecca, riguardanti anche la materia delle monete. Di queste opere non solo non si trova fatta menzione dal Toppi e dal Nicodemi, ma anzi non è a me noto ove esistano altri esemplari, oltre a quello ch’io posseggo. Fu il Turbolo oscurissimo nel suo stile, e trattò la materia piú da maestro di zecca che da filosofo legislatore; ma non lasciò d’inculcare molte veritá, che o non si vollero intendere, o furono disadattamente e quasi a rovescio messe in pratica, e forse non per imperizia, ma perché, i veri mali nascendo da cause allora impossibili a medicare, si cercava occultargli agli occhi della moltitudine.

Avea scritto sulla stessa materia del disordine delle monete e de’ cambi, poco innanzi al Turbolo, Marcantonio de Santis: ma a me non è riuscito incontrare l’opera di costui, per quante ricerche ne abbia fatte; e mi sarebbe ignota, se non la trovassi indicata da chi lo confutò. Fu costui il dottor Antonio Serra cosentino, il quale nel 1613, presso Lazzaro Scorrigio, pubblicò un Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d’oro e d’argento, dove non sono miniere, coll’applicazione al Regno di Napoli, diviso in tre parti. Chiunque leggerá questo trattato resterá sicuramente sorpreso ed ammirato in vedere quanto, in un secolo di totale ignoranza della scienza economica, avesse il suo autore chiare e giuste le idee della materia di cui scrisse e quanto sanamente giudicasse delle cause de’ nostri mali e de’ soli rimedi efficaci. Altro non ritiene dell’infelicitá del suo secolo, fuorché lo stile secco, sterile, oscuro e in tutto simile agli scolastici e a’ consulenti e repetenti legisti, usando molte divisioni e suddivisioni, distinzioni, articoli, paragrafi, che allungano talvolta tediosamente il discorso. Malgrado questo difetto, io non dubiterò di collocarlo nel grado del primo e piú antico scrittore della scienza politicoeconomica e di concedere alla Calabria anche questo finora ignoto vanto d’esserne stata la produttrice. Ma tale è il nostro fato, che non possiamo rammentar una gloria senza incontrarvi accanto qualche ragion d’arrossire. Quest’uomo, che io ardisco comparare al Melun de’ francesi e, in questa parte, al Locke degli inglesi, ma che gli supera ambedue per aver vivuto tanto tempo prima ed in un secolo di tenebre e di errori nella scienza economica; quest’uomo, di cosí perspicace intelletto, di cosí sano giudizio, fu disprezzato mentre visse ed è rimasto dopo morto dimenticato, una col libro suo. Niuno l’ha mai citato; e forse il solo esemplare