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318 note aggiunte nella seconda edizione

di poi sempre crescendo la popolazione del Regno, sicché oggi oltrepassa i quattro milioni e mezzo, ed il consumo del grano ascende a piú di venti milioni di tumoli. Ma, siccome è cresciuta anche alquanto la coltivazione, cosí ha potuto esistere ancora qualche sovrabbondanza di grano non solo negli anni ubertosissimi, ma anche in quegli di mediocre fertilitá. È però minore che prima non era; e quindi i pronti incarimenti ad ogni piccola facilitazione di tratte; quindi le frequenti allarme ed il piú facile monipolio e la trepidazione, or giusta, or simulata. Tanto è vero che il grano è gran capo di commercio solo per le nazioni misere e spopolate. Né siavi chi m’opponga che la coltivazione attuale si è non giá un poco, ma di molto e molto accresciuta, come è visibile, in gran parte del Regno: perché io intendo qui parlare, non della generale coltivazione, ma solo di quella che riguarda il grano. Or, se si rifletterá che il maggior progresso della coltivazione tra noi ha consistito nell’aggiungere a’ campi, che giá prima si seminavano, ciocché noi diciamo «arbusto», si comprenderá che, quantunque ora un campo ha maggior valuta di prodotti, come quello che unitamente dá, oltre al grano, il vino e le legna mediante l’arbusto, produce però meno grano di prima. Similmente la piantagione de’ gelsi immensamente cresciuta, gli oliveti, il canape, e da oggi innanzi il tabacco, sono tutte coltivazioni che ristringono quella del grano. Perciò credo non a torto aver detto che solo alquanto è cresciuta quella del grano. Potrebbe, è vero, il suolo del Regno di Napoli darne assai maggior prodotto che oggi non dá, se si mettessero a piena coltura le parti piane e marittime di esso, ridotte in gran parte ad infelici e palustri pascoli. Ma di questo non è da incolpare né l’infingardaggine de’ popoli né la trascuraggine del governo, come gli sciocchi fanno ciarlando e i galoppanti viaggiatori, per parer occhiuti osservatori, stampano. La colpa è d’una infelice antichissima legislazione, che ha ridotte queste terre o a non poter appartenere a’ privati, rendendole demaniali; o a non potersi chiudere, custodire e ben coltivare, per esservisi introdotti certi dritti, che furono giá di sollievo ai poveri. Il governo ha temuto ora far legge, che paresse violar i diritti antichissimi de’ cittadini. Gloriosa timiditá. Tocca al savio disporre gli animi colla persuasione e praeparare viae Domini. La legge ha da venir dopo la persuasione e la conoscenza, che abbia il popolo del suo maggior vantaggio; e questo disinganno esigge lungo tempo, e talvolta di piú e piú generazioni.