Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/262

256 libro quarto


legge, che di tale autoritá vorrá spogliarlo, sará sempre calpestata, e, se il violarla sia facile, s abbia per sicuro ch’essa rimane infruttuosa. Ciò s’intende, quando il violarla non si conosca esser contrario alla ragione ed alla naturale giustizia: perché quelle leggi, che hanno per compagne a’ divieti loro la virtú e la religione, sono non meno ottime che potentissime; ma, se riguardano cose, nelle quali non si vede connessione colla religione o colla virtú, è certo che saranno disprezzate. Perciò io penso potersi tutte le massime del buon governo ridurre a questa sola: che mai non s’abbia da vedere in un principato duellare insieme la sola legge, che vieta alcuna cosa, col guadagno, che la consigli. Né si richiede che l’utile sia grande assai, essendo sempre utile e piacevole all’animo nostro l’esercizio d’un atto, qualunque siesi, di libertá.

È manifesto poi quanto sia facile eludere la proibizione dell’estrazione, non meno col trasporto del metallo in controbando, il quale, occupando picciolissimo luogo, è molto agevole, che colle lettere di cambio, contro le quali non vale arte alcuna od ingegno. Nel 1708, sotto il governo alemanno, fu nel nostro Regno (il denaro di cui era tutto assorbito dagli stranieri) promulgata una prammatica1, di cui io non credo sia stata altrove fatta la simile giammai. Fu ordinato e comandato:


che qualunque persona di qualsivoglia stato, grado e condizione, ancorché privilegiata, che non ardisca per sé, né per interposta persona diretta o indirettamente estrarre da questo Regno alcuna sorte di denaro, in qualunque quantitá, specie o moneta di qualsisia dominio per trasportarlo in Roma o in altro qualsiasi luogo dello Stato ecclesiastico, niuno eccettuato, per qualsivoglia causa o pretesto, benché privilegiato;


e fu a’ contravventori posta la pena del quadruplo ed altre non meno gravi. S’aggiunse poi:

  1. Prammatiche, tit. cli (De monetis et illas falsificantibus et de prohibita arte chymica et argentarla sine licentia), 50.