Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/259


capo secondo 253


valore alla straniera. Parrá certamente strano ch’io pensi cosí, sembrando anzi conveniente evitare una disparitá sempre fastidiosa. Ma io avverto che una moneta straniera ammessa nello Stato porta sempre con sé rischio che quelle mutazioni e danni, ch’essa soffre nel suo proprio, non le faccia provare ancora al paese ov’è ricevuta. Perciò gioverá sempre non lasciar fare al popolo connessione d’idee e riguardar come eguali in tutto due monete, d’una sola delle quali è il principe mallevadore, dell’altra no. Il consumo, il tosamento, la mutazione del valore potranno indurre disegualitá di monete, quanto irreparabile dal sovrano, tanto calamitosa allo Stato.

Dell’oro poi è bene che da per tutto ei si prenda a peso e, quanto al valore, non ne abbia altro che dal consentimento comune. È la libertá un dono cosí prezioso del cielo, che, senza somma e gravissima causa e necessitá, non l’hanno mai i principi a togliere o a restringere ad alcuno; e perciò l’introdurre oro e valutarlo quanto al padrone più piace, non potendo nuocere, non ha da esser vietato. L’estrarlo, se si convenga o no, sará trattato nel seguente capo.