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capo terzo 195


In terzo luogo si dice che il principe, diminuendo le rendite sue, non può diminuire le spese, essendo anzi costretto ad alzare i soldi de’ ministri suoi e a pagar care le merci proprie e molto piú le straniere, delle quali sempre non è piccolo il bisogno o l’assuefazione all’uso. Le quali cose, chi le dice, mostra non avere sperienza del corso naturale degli effetti prodotti dall’alzamento: perciò è bene ch’io gli spieghi. In due stati si può considerare l’alzamento: prima della mutazione de’ prezzi delle cose, e dopo.

Fatto un alzamento, non subito variano i prezzi delle merci per adattarsi alle nuove misure, ma lentamente e di grado in grado, tale essendo, secondo di sopra ho detto, la disposizione delle menti umane. Tutto l’effetto dell’alzamento sta in questo spazio, che corre tra la mutazione fatta dal principe e quella del popolo: seguita la quale, la prima svanisce e rimane annullata. Il corso, che tengono queste mutazioni ad avvenire, è il seguente.

Fa un principe una mutazione di voci alle monete: in apparenza egli non si mostra minor debitore di prima, pagando con voci simili, se non con moneta eguale: in realitá egli, senza accrescer rendite, diminuisce il suo debito. Quindi è che tutto il danno dell’alzamento va a cadere imprima su coloro che hanno soldo da lui; ma costoro non se ne sentono, trovando a comprare lo stesso di prima. E, se questa mutazione seguisse in un’isola separata da ogni straniero commercio, sarebbe lentissima la mutazione dell’antiche idee, e forse piuttosto si muterebbe la naturale idea di valore de’ metalli. Ma il commercio fa che il primo a variare è il cambio, il termometro degli Stati; e, se questo non si cambiasse, l’uno Stato si beverebbe il denaro dell’altro. Mutato il cambio, subito il prezzo delle merci estranie si muta. Perché, poniamo che un mercatante abbia comprata in un paese una merce per un’oncia d’argento, e la porti in un altro, ove il ducato pesava un’oncia, ma poi, fatto un alzamento, non pesa piú di quattro quinti dell’oncia: certamente costui non può dare per un ducato la mercanzia; dappoiché il cambio, che s’è giá posto sul vero, lo fa trovare al