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capo terzo 119


d’atroci pene, questo guadagno. Gli stranieri non sono in istato di farlo, perché è piccolo guadagno. È difficile l’introdurre moneta di rame in un Regno che n’è provveduto, poiché nelle grandi somme questa si ricusa, e nelle piccole gli uomini non hanno la sofferenza d’attendere a cosí stentato emolumento.

In uno, la moneta di rame è meglio che pecchi di esser debole che forte: perocché, quando è soverchio buona, è cacciata via dall’argento, e questo è male grandissimo; quando è soverchio cattiva, resta, ma non ha forza di cacciar l’argento, contro cui non può luttare, e, quando anche il cacciasse, è minor male. Il commercio ha piú bisogno del rame che d’ogni altra moneta, poi l’ha dell’oro, in ultimo dell’argento. Questo m’ha fatto credere che noi, che abbiamo debolissima la moneta di rame, rinnovandola, non l’abbiamo a far tanto forte.

Passo ora a dire perché se ne debba batter un poco per anno e non piú. Quando uno Stato è tormentato da’ tosatori, che impunemente diminuiscono le monete, è necessario prima sbarbicargli e distruggergli, e poi raccôrre la moneta vecchia e supprimerne il corso, dando fuori la nuova. Perché, se voi ne date fuori un poco per volta, secondo ch’ella esce, si ritaglia e non si emenda il male, come l’acque de’ fiumi non raddolciscono il mare. Ma, quando uno Stato per la vigilanza del governo ha estinti gli autori del male e che solo gli effetti ne rimangono, che è appunto il nostro caso, non è forza rifar tutta la moneta offesa, per la grande spesa, né nuoce l’a poco a poco ritirar le peggio ridotte e sostituirvi le nuove. Dannoso sarebbe poi il consiglio mezzo di volerne rifar molta in un tratto, quanto è a dire la metá della corrente; perciocché può la moltitudine, quasi svegliandosi dal suo torpore, avvedersi della disparitá tra la vecchia e la nuova, ed acquistare disprezzo dell’una, aviditá dell’altra, e far cosí restare lo Stato privo della metá di quella classe di moneta, che rimane nascosta o traviata.

Questo procede assai piú sensibilmente ne’ metalli preziosi. Nel rame, perché si disprezza, non così; e, quando si seguisse il mio primo avvertimento, di non fare la moneta nuova migliore d’un venticinque per cento, ma solo d’un dieci, ogni