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d’una certa qual importanza, come sarebbe quella del melgone, nelle terre irrigabili. L’olio di ravizzone si può adoperare per qualunque uso, laddove altri non sono capaci di ardere ed altri non sono buoni per la cucina. In questa parte superiore dell’Italia vorrei pure che ritentasse il girasole; al di sotto dell’Appennino l’arachide ed il sesamo, singolarmente nelle larghe valli che costeggiano il mare, e che possono essere irrigate.





PIANTE TINTORIE




§ 830. In questa parte io non intendo parlare di tutte quelle piante dalle quali si estrae una materia colorante, ma soltanto di quelle che si coltivano ne’ campi e che possono entrare nella rotazione agraria, essendo quasi tutte annuali. Le principali fra queste piante sono: la robbia, l’indaco, il guado, lo zafferano, l’oricella, il tornasole, il somaco ed il pastello.

della robbia

§ 831. La robbia (rubia tinctorum), detta anche garanza dal francese garance, era coltivata antichissimamente in Italia centrale e meridionale per la sua radice che dà un color rosso, ma in seguito venne dimenticata non saprei se per altre coltivazioni più proficue e meno dispendiose, o per la concorrenza delle produzioni orientali della Siria, dell’Asia Minore e della Grecia. Certo è che questa pianta è originaria de’ climi caldi, ma a poco a poco andò acclimatizzandosi nei temperati, ed ora se ne coltiva nell’Alsazia e nell’Olanda, e soprattutto nel mezzodì della Francia, quantunque in un modo un poco differente.

Questa pianta ha la radice vivace, la quale nei climi caldi dura anche 5 o 6 anni, ma il suo stelo muore ogni anno. L’eccesso di umidità le nuoce, e l’aridità ne arresta la vegetazione; nei terreni freschi all’incontro, e finchè la temperatura non scenda al disotto di +10°, vegeta senza interruzione, per il che il di lei prodotto è proporzionale al tempo di vegetazione, quando le altre circostanze siano identiche.