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capitolo xviii 363

     25ché colpa non è mai di perdon degna,
se non si pente; e chi pecca sperando,
chiude la porta, onde aiuto gli vegna,
     ché Dio, il qual è giusto, non è blando
mai alla colpa, ma contra s’adira,
30sinché si emenda e torna al suo comando.
     All’altra estremitá della spen mira,
che ha quattro spezie, e contra pietá vera
pecca ’n Colui ch’eternalmente spira.
     La prima è quando alcun sí persevéra
35in far il mal, che tornar a virtude
o d’emendarse al tutto si dispera.
     Costui alla pietá la porta chiude
dello Spirito santo ed a’ suoi doni,
dacché non vuol lassar l’opere crude.
     40L’altra è quando non crede che perdoni
a lui mai Dio, e pel peccato grande
crede che Dio pietoso l’abbandoni,
     e non avvien che mai perdon domande.
Chi si dispera, chiude anco la porta,
45ché chi sovvenir vuol, a lui non ande.
     La terza è ’n chi la ragion è sí torta,
che loda il mal per bene, e sí gli piace,
che sé ed altri nel mal far conforta.
     E, come agli occhi infermi il lume spiace,
50cosí a lui vertú; e chiunque l’usa,
persegue in fatti e con lingua mordace.
     Costui ancora tien la porta chiusa
alla pietá; e non ch’egli si penta,
ma chi torna a vertú biasma ed accusa.
     55La quarta spezie è morte violenta
data a se stesso; ché, mentr’egli more,
di se medesmo omicida diventa.
     Or chiunque in altro modo è peccatore
per ignoranza ovver per impotenza,
60fatto il peccato, alquanto n’ha dolore.