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capitolo xii 333

     Tre a’ benefattor, che ben ne fanno:
65prima, che chi riceve, non si scorde
del benefizio, né di quei che ’l dánno;
     e poscia ch’el ringrazi almeno in corde,
s’egli non pò coll’opera, e in aperto
sovente con la lingua lo ricorde.
     70Ma ora il mondo è sí rio e diserto,
che, quando il benefizio molto eccede,
sí che non può o non vuol render merto,
     si duol, se scontra ovver presente vede
il suo benefattor e china il volto;
75ed alcun altro in piú error procede,
     ché, quando il benefizio è grande molto,
al suo benefattor opta la morte,
che dall’obligo suo ne sia disciolto.
     Non però ’l liberal chiuda le porte
80per l’altrui vizio alla sua cortesia,
né lassi, a dar, tener le mani sporte;
     ché chiunque dá ch’a lui donato sia
per ricompenso, non è liberale,
ma mercatante ch’usa mercanzia.
     85Tre cose debbi a chiunque tu se’ eguale:
prima, equitá d’una bilancia ritta,
sí che la sua non saglia e la tua cale.
     L’altra è la legge nel Vangelio scritta:
ch’altrui non facci cosa, che vorresti
90che a te non fusse fatta, né anco ditta.
     Concordia vien la terza dopo questi
tra l’arti, tra i compagni e dentro al tetto,
dove dimori, e i vicin non molesti.
     Ed al superior, cui se’ subietto,
95due cose debbi; e, prima, obbedienza,
poi onorarlo con fatto e con detto.
     Tre cose al padre, di cui se’ semenza,
ed alla madre tua ed a’ primi avi,
e prima sopra tutto riverenza.