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capitolo iv 293

     100Dell’altre cose, che qui saper vuoi,
elle diranno co’ lor dolci canti,
una cantando pria e l’altra poi.—
     Clemenzia, al cielo alzando gli occhi santi,
un canto cominciò tanto soave,
105piú che mai musa, che cantar si vanti.
     — Non ha peccato— disse— tanto grave,
che dell’intrar a te, Signor e Dio,
chiunque si pente non trovi la chiave;
     ché se’ sí mansueto e tanto pio,
110che tua clemenzia il peccator soccorre,
pur ch’e’ si penta e non voglia esser rio.
     La tua piatá, che a vendicar non corre,
a quel che volle a te assomigliarse
e la sua sede a lato alla tua porre,
     115pur ch’e’ volesse ancora umiliarse
alle tue braccia, dicendo:— Peccai,—
ad abbracciarlo non faríale scarse.
     Per questo, o Signor mio, saper mi fai,
che sempre si perdoni a chi si pente;
120al superbo non si perdona mai.
     Quando al ciel venne il grido della gente
di Sodoma e Gomorra e di lor setta,
tu descendisti a vederlo presente;
     ove m’insegni ch’io non creda in fretta,
125quando la fama il peccator condanna,
e tardo e con piatá faccia vendetta.
     Per questo tu ponesti, o santo Osanna,
l’asprezza della verga dentro all’arca
colla dolcezza insieme della manna.
     130La Maddalena, o sommo Patriarca,
tu ricevisti pio e mansueto,
quando a te venne di peccati carca,
     e del suo cor compunto e del suo fleto
piú ti pascesti che su nella mensa
135del fariseo, e piú staesti lieto.