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capitolo iv 291

     Ogni virtú, ogni scienza ed arte
ha sua materia propria, che pertratta;
30ma ’n general l’una all’altra comparte.
     La sensualitá brutale e matta
reggo io con queste dame a me propinque,
e ciò che all’uom opprobrio e biasmo accatta.
     E questi vizi in radice son cinque,
35e prima l’ira, della quale ho detto
ch’è opposta alla clemenzia, delinque.
     Poscia è superbia, il vizio maladetto
dell’avarizia ed anco della gola
e di lussuria il bestial diletto.
     40Omai contempla la mia bella scòla:
la bella donna, che ti scorse il passo,
che mi sta a piè umil senza parola,
     vince superbia e vince Satanasso
(mirabil cosa!), che ’nsú monta tanto,
45quanto nel suo pensier si pone a basso.
     L’altra donzella, che mi siede accanto,
la moderata Parcitá si chiama:
ell’è la quarta in questo regno santo.
     Ella lega la lupa sempre grama
50e pon mesura alla voglia bramosa,
che mai non s’empie e che, mangiando, affama.
     L’altra, ch’è tanto adorna e gloriosa,
è Continenza, agli angioli sorella
e del sommo Fattor celeste sposa.
     55Ella Cupido e Venere fragella,
ogni turpe atto fugge ed hallo a sdegno,
e sdegna chi ne tratta o ne favella.
     La sesta donna in questo nostro regno
a Cerere ed a Bacco pone il freno,
60ché del bisogno non passino il segno.
     E, perché tutto sappi ben appieno,
dirò dell’altre mie compagne ancora,
che stanno meco nel regno sereno.