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capitolo v 221

     Ed era senza piedi e senza mano
sí come un corpo ch’a’ lupi rimagna,
e brutto e lacerato a brano a brano.
     Di simil corpi, lí ’n quella campagna,
140cosí disfatti, n’era un grand’acervo,
il qual mi demostrò la mia compagna.
     Quel primo, ch’io trovai, disse:— Io fui servo
giá d’Atteon e fui ’l primo che ’l morsi,
quando mi parve trasmutato in cervo.
     145Ma poi, quando fui qui, ed io m’accorsi
ch’io fui il cane e ch’egli era uomo vero;
ma per la ’nvidia l’intelletto torsi.
     E noi, che stiamo in questo cimitero,
siam cosí rosi, ché rodemmo altrui
150con lingua e fatti e dentro nel pensiero.
     Quel grande invidioso è qui tra nui,
che volle a sé che un occhio si traesse,
perché al compagno sen traesson dui:
     ed anco ha doglia, quando ’l ben vedesse.—