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270 Delle Frascherie

Quì, dove un pian, s’avvalla, un rio gorgoglia.
     Dove un colle s’inalza, un bosco ombreggia,
     Hor colgo al verme serico la foglia,
     Hor guido al verde pascolo la greggia,
     Hor de la lana altrui rado la spoglia.
     Hor la fiscella mia le mamme alleggia,
     Recido hor l’herbe, hor le ghirlande ordisco;
     Gli augelli hor odo, hor l’imprigiono al visco.
Hor ne l’anfore serbo il mel raccolto;
     Hor divido dal mel glebe di cera,
     Hor dal Tronco paterno il ramo tolto,
     Adultero facc’io d’Arbor straniera,
     Hor Susine appassite al Sol rivolto,
     Verde Fico hora colgo, hor Gelsa nera;
     E con palme annerite, e roche voci
     Serbo tal’hor le lapidate Noci.
Quì, dove ogn’hor con mesto mormorio
     De’ sassosi ripari un Rio si duole,
     Sotto l’ombra immortal d’un lauro mio
     Canto tal hor di Semele la prole,
     E se l’onta d’un Sol Dafne fuggio,
     Dafne quì mi rintuzza onta di Sole;
     Finche nel sonno i rai l’aura fà spenti;
     Perch’i lumi amorzar, prova è de’ venti.
Ne la bella Stagion, che ’l gran Pianeta
     Scorre da’ Pesci à l’animal Friseo,
     Stringo l’olmo, e la vite in copia lieta,
     E di lieta union sembro Himeneo.