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260 Delle Frascherie

     Chi volea sopra i Rei piover Saette,
     Chi versar sopra i Rei gorgo di Fiumi,
     Al fin Giove del Cielo lassa i vestigi,
     Chiama Mercurio, e cala seco a’ Frigi.

Mascherar da vil huomo il divin volto
     A le persone lor parve opportuno,
     Già che in Latin, di cui gli Dei san molto
     La persona, e la maschera è tutt’uno,
     Poscia in vil Saltambarco il corpo involto,
     Scesero in Frigia à simular digiuno:
     E quì gli Dei conclusero ab experto,
     Ch’andar pezzendo hoggi è Destino al Merto.

Nè parve à Giove, e al suo Cillentio strano
     Prender forma d’un Huomo, e di un Guidone,
     Se già, in fuggir dal gran Tifeo lontano
     L’uno Augello si fè, l’altro un Montone
     Benche Giove, in pensar che la sua mano
     Già per Danae gentil piovea doblone,
     Fè maggior pitoccando il suo martiro,
     Perch’allor era un Oro, hora era un Iro.

Giove un Vecchio si finse, e li reggea
     La mentita Vecchiaia un Bastoncello,
     Mercurio poi, che scaltro ingegno havea
     Facea per eccellenza da Munello,
     Chiedea mercede in versi, e li piovea
     Da le luci un Rimario del Ruscello,
     E in queste note à la raminga fame
     Trar si credea l’alta pietà d’un Rame.