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Saffo a quel Caco figliuolo di Vulcano, che vomitava fuoco e fiamme dalla bocca; e: αὕτη δ᾽ ἀληθῶς (soggiunge) μεμιγμένα πυρὶ φθέγγεται. Leggendo i frammentuoli preziosi, tu sei tratto a ripetere la parola che all’infelice poetessa prestò Ovidio (Eroid., XV, 12):

Me calor Aetnaeo non minor igne coquit.

Nè que’ rimasugli ti riescono scarsissimi ad indagare e quasi ritessere, per divinazione di cuore, la storia di cotesta singolare anima. L’Ode II nell’antica poesia, non invecchiata mai, dei Greci e de’ Latini regna come unica signora, chi la risguardi come la più viva e spirante manifestazione della passione e dell’amore antico. Tanto stupendamente vera e visibilmente parlante, che innamoratosi Antioco (figliuol di Seleuco Re di Siria) della matrigna Stratonica, ed ammalatone, occultando la passione; il medico Erasistrato, scorti nel giovine, all’apparir dell’amata, i segni di violento amore, come Saffo li divisa, ne scoperse e potette sanare la celata infermità (Plutarco, Vita di Demetrio): di che venne famoso tra i medici. E d’amore impetuoso, profondo, quasi direi da moderno romantico, segna Saffo un’orma lucida, incancellabile nel Framm. LXX; col quale puoi mettere a riscontro i